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Su la testa! Elettrodotti in Irpinia nell’assenza di dibattito pubblico
_di VIRGINIANO SPINIELLO
E’ in atto un processo di industrializzazione energetica della Provincia di Avellino che aprirà le porte alla definitiva modifica del paesaggio dell’Alta e Bassa Irpinia. Nell’assenza di un dibattito pubblico condiviso a livello provinciale almeno tre grandi progetti della Terna si avviano a incidere pesantemente sul già compromesso equilibrio ambientale della provincia di Avellino. Quante notizie abbiamo dell’elettrodotto Montecorvino Avellino nord, del Deliceto Bisaccia o di quello a servizio del bruciatore di oli vegetali della Ferrero?
Qualcuno sa ad esempio che il Montecorvino Avellino nord attraversa il Parco Regionale dei Monti Picentini nella ZPS “Picentini” e nei SIC “Monte Accelica”, “Monte Terminio”, “Monte Tuoro”, “Monte Mai e “Monte Monna”?
O che l’elettrodotto della Ferrero – che ha richiesto l’autorizzazione per 12 pale eoliche – passerà davanti all’Abbazia del Goleto?
E’ vero c’è qualche notizia circa l’elettrodotto Deliceto Bisaccia che attraverserà una zona delicatissima, ricca di biodiversità, ma già satura di parchi eolici. Qui il termine per le osservazioni scade il 9 settembre. Le osservazioni del Comitato Ambiente e Territorio di Bisaccia, Legambiente e della Provincia di Avellino sono state presentate nei tempi, ma ora il Comitato si ritrova a dover contrastare l’enorme mole di contro osservazioni tecniche presentata da Terna.
A margine dell’incontro di stamane sul PTCP _no alla pista ciclabile
12 2 2013 _ di VALENTINA CORVIGNO, architetto, _Associazione IN-Loco_Motivi
Non si poteva immaginare peggior battesimo per il nuovo PTCP della provincia di Avellino.
I tecnici provinciali e il capogruppo del progetto del piano territoriale hanno dovuto assorbire le critiche massicce e trasversali di numerosi sindaci ed associazioni territoriali. L’assenza degli attori politici, in un momento così delicato di confronto, è stata la delusione maggiore. La presentazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale è stata, dunque, una sconfitta politica e per certi versi tecnica. Proposta come un approfondimento su VAS e VIA è stata invece la consegna vera e propria dello strumento urbanistico, ormai adottato, che dovrebbe governare da qui al futuro lungo il territorio irpino proponendone una visione di sviluppo. Il PTCP rientra in quella legge urbanistica, di recente acquisizione, per cui la “partecipazione” diviene punto focale della progettazione. Ne è quindi anche articolo di legge, obbligo di legge che spesso viene rispettato più formalmente che sostanzialmente. E forse è questo il caso del PTCP. Proprio perché credo fortemente che il Piano Territoriale, così come tutti i piani urbanistici, sia uno strumento politico, di alta politica, credo al contempo che l’unica forma di “progettazione” del piano abbia la sua epifania nello strumento della partecipazione, strumento, il cui uso incondizionato va, se si può dire, cercato e ricercato, preteso dall’ente propulsore del piano e dai soggetti su cui inevitabilmente ricadrà. È questa la politica alta di cui il piano deve essere informato. Invece oggi è stato presentato come un pacchetto ormai chiuso al quale era possibile opporre solo osservazioni: checché ne dica l’architetto Lanzillotta, questo non è un piano “aperto”, ma uno strumento che loro hanno chiuso, adottandolo un po’ a tradimento. Per venire al tema per il quale noi di Inlocomotivi siamo coinvolti direttamente, ovvero la proposta di progetto strategico riguardo la trasformazione della linea ferrata Avellino-Rocchetta S.A. in “greenway”, possiamo affermare con certezza che di partecipazione non ne abbiamo neanche sentito parlare. Eppure sono anni che siamo presenti, che con progetti realizzati dimostriamo o quanto meno proponiamo una visione possibile del riuso della tratta che, a differenza di quanto riportato nel piano, è sospesa ma non dismessa. Se le parole sono importanti allora usarle con il loro significato muta completamente anche le direttive di questo piano. Se la linea fosse stata dismessa, quindi obsoleta e logora da anni, forse si sarebbe potuto anche ragionare su un suo riuso, diverso da quello proprio (anche in questo caso dissentirei a ragione), ma la linea è solo sospesa, da un paio d’anni, il che significa che domani, con l’ordinaria manutenzione potrebbe rientrare in funzione.
Una grande mostra nel carcere borbonico, la prima volta
di Vito De Nicola / Una grande mostra nel carcere borbonico, la prima volta...*
Pessime consuetudini portano, spesso, a pensare le tante terre di mezzo dell’Italia appenninica, come vasti e sconosciuti territori da oltrepassare per un altrove più promettente e felice, deserti da attraversare in fretta per arrivare da una costa marina all’altra, dal Tirreno all’Adriatico o allo Ionio e viceversa. Così succede che un forte senso di oblio, una superficiale noncuranza inducano ad ignorare meravigliose valli animate da paesaggi agrari storici di rara bellezza, seppure inselvatichiti dall’abbandono o dall’incuria, antichi percorsi, suggestivi borghi, castelli e villaggi, casali e abbazie e monasteri, pievi, che nascondono al loro interno ignoti capolavori, freschi frammenti d’arte, piccole opere d’artigianato artistico, sovente dal fascino struggente. Una cultura materiale densa di oggetti di manualità creativa, di brani di pura genialità attinenti a varie epoche storiche, obliterata dal grigio cemento della caotica agglomerazione suburbana, che ibrida, consumandoli, territori sempre più vasti e li espone anche all’aggressione continua, crescente, di improvvise catastrofi naturali e delle furibonde emergenze che ne conseguono. Isolate, nel chiuso di qualche loro prigione oscura o dorata, spesso nascoste alla vista o osservate in condizioni poco idonee, troppo da lontano, eccessivamente da vicino, in spazi angusti, absidi oscure di chiese, ancone di altari ridondanti di decorazioni, ambienti riservati di conventi o palazzi, non sempre queste opere riescono a manifestare appieno tutta la loro potenzialità espressiva e narrativa, pur Leggi il seguito di questo post »