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Dal consumo del cibo alla cucina di apprendimento. O altrimenti detto: da una tavola del gusto al gusto della tavola

IMG_20191230_214539Mentre un ristorante è un esercizio commerciale, una casa contadina in cui viene offerta la condivisione del cibo ivi prodotto e trasformato è una straordinaria occasione di apprendimento e un luogo di senso potenzialmente rivoluzionario.

Il valore aggiunto di quello che oggi è da me definito uno “home rural restaurant” (declinazione rurale e produttiva del più comune home restaurant) rispetto a un ristorante convenzionale consiste nell’incarnare un esempio reale di micro-economia circolare: mentre il primo è un luogo di produzione e di trasformazione, dove un orto è direttamente collegato ad una tavola, il secondo è solo un luogo di trasformazione, un anello di una catena economica molto più ampia e dispersiva.

In quanto luogo al contempo di produzione e di trasformazione, un home rural restaurant, prim’ancora che essere tale è anzitutto e perlopiù un luogo di esistenza, di vita e di presidio di una micro-comunità (familiare, amicale) che abita una porzione di territorio; è quindi, in prima analisi, un luogo di scommessa di esistenza in cui la sua capacità di resilienza e di sopravvivenza (di sé stesso e del territorio di cui si prende cura) è direttamente proporzionale alla riuscita del progetto: resistere nei territori rurali svantaggiati.

Il prodotto finale di un home rural restaurant – differentemente da un ristorante – è pertanto la vittoria di una solo apparente contraddittoria “eccezionale quotidianità” dove il cibo non è un prodotto di performance gastronomiche stellate ma è gesto quotidiano prima agricolo e poi gastronomico di esistenza e di persistenza di chi anzitutto lo immagina (il visionario), poi lo produce (il contadino), poi ancora lo trasforma (il cuoco) e che infine lo mette in tavola (il padrone di casa), semplice e al contempo genuino.

Mentre nei ristoranti, a prescindere dalla loro qualità, il cibo è in fin dei conti un bene di consumo, una merce, nell’home rural restaurant il cibo è anzitutto un bene di relazione, un simbolo di persistenza e di scommessa sul presente e uno strumento di manutenzione del futuro.

Coltivare e mangiare biodiversità, in un’ottica macro agroecologica, dove cioè le coltivazioni rientrano in un disegno ecologico superiore e viceversa dove il disegno ecologico sistemico passa attraverso tipi specifici di cure agronomiche particolari, significa coltivare la memoria del patrimonio genetico autoctono e attraverso esso preservare la memoria di una comunità.

Per questo il valore culturale di una Casa rurale ospitante, una Casa del buon vivere, è la vera cifra della sua esistenza e della sua diversificazione dal ristorante a vario titolo declinato (trattoria, osteria, ecc…).

Allora essere ospiti di un home rural restaurant non è la stessa cosa che essere clienti di un ristorante, significa avere la fortuna di fare una esperienza di gusto che trascende il gusto stesso: diventa un esercizio di relazione e una esperienza di apprendimento, nello spirito di uno scambio reciproco di conoscenze e testimonianze.

Essere ospiti di un home rural restaurant significa dismettere i panni del consumatore di un gesto gastronomico (il degustatore) per diventare co-produttore di un gesto anzitutto culturale (di tutela del patrimonio materiale di biodiversità e immateriale delle identità rurali) e quindi in una parola diventare commensale (con-mensalis, sedersi alla stessa mensa), quindi tramutarsi da de-gustatore in “con-gustatore”, potremmo dire, il quale con-divide la vita e il percorso di recupero del coltivatore-cuoco, non più cliente ma testimone.

Testimone e compartecipe di una scommessa di triangolazioni ecologiche tra la natura, coloro che passano e coloro che restano, un viaggiare e mangiare altrimenti per pensare e vivere altrimenti.

Written by casaleilsughero

30 dicembre 2019 at 21:27

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Nasce in Cilento lo Home Restaurant rurale La Cucina di Amelì

 

Nasce a Vibonati la Cucina di Amelì (https://www.facebook.com/homerestaurantcilento/ ) (http://casaleilsughero.com/home-restaurant-in-cilento-la-cucina-di-ameli.html ), primo Home Restaurant rurale del Cilento meridionale. Come si intende già dal logo (una carriola che versa direttamente in pentola i prodotti della terra), la filosofia di questo piccolo luogo di produzione a carattere familiare è trasformare in loco i prodotti dell’orto e offrirli a tavola condividendoli con gli ospiti del casale al ritmo bastevole della stagionalità e in un’ottica di gestione agroecologica (e quindi biodiversa) del luogo.Logo Amelì bordo frastagliato

Prende forma così nel Golfo di Policastro una declinazione possibile di una delle idee contenute nel vecchio progetto della Città del Parco, quella delle “Case del buon vivere”, dove una Gastronomia Equilibrata produce un bene relazionale, prima che di consumo, il cibo appunto, che, nel suo meccanismo di generazione attraverso un gesto agricolo, poi gastronomico, è da intendersi come vero e proprio linguaggio identitario e biodiverso di un territorio.

Il passo successivo auspicabile sarebbe quello di collegare sempre più orti a cucine in modo da infittire la rete di relazioni generative e significanti che rendono un territorio paesaggio, anche nella declinazione di un paesaggio degli ingredienti che metta a tema il futuro degli abitanti del territorio cilentano ridefinendone le potenzialità e i ruoli nell’ottica di una ridefinizione geografica in termini di regioni ecologiche.

Custodia di semi antichi, vinificazione naturale, orto sinergico autoctono e raccolta di erbe spontanee, molitura, pasta fresca e pane naturale con grani antichi, uova del giorno, formaggi e carni da animali al pascolo montano e di macchia mediterranea, pescato del giorno al momento giusto, olio extravergine di grande qualità e aromatiche di montagna…sono solo alcuni del ‘paesaggio degli ingredienti’ che Amedeo e Lisa (…AmeLì) mettono insieme per offire un vero e proprio viaggio del gusto nel nostro territorio attraverso il linguaggio identitario del cibo.

disegno cucina apprendimento

Con passione coltivano la terra, l’orto sinergico e naturale e si prendono cura di animali che vivono all’aperto. Con altrettanta passione raccolgono e trasformano i prodotti che la natura regala per farne cibo da condividere con amici e ospiti in casa loro, con un ritmo lento che segue e asseconda le stagioni.

È così che da un approccio agroecologico nasce una narrazione della vita, del territorio e della loro identita che si affida al gusto, al tatto e alla vista per essere esplorata, conosciuta e ricordata: è il linguaggio del cibo come esercizio conviviale di condivisione, di cultura delle differenze e di reciprocità.

Written by casaleilsughero

24 novembre 2019 at 11:23

Pubblicato su Varie

Menti e sementi

campo_dipintoCi incontreremo sabato 23 marzo, di pomeriggio alle ore 15 a Casale Il Sughero (vedi il link:www.casaleilsughero.blogspot.it) per incontrare le nostre idee sui temi della collaborazione di menti e coscienze sul territorio, davanti a una fetta di dolce…

 Ci rivolgiamo a chi, a partire dal comprensorio del Golfo di Policastro (SA), ha in mente una idea diversa di crescita e sviluppo e vuole concretamente nel suo piccolo, senza personalismi e in maniera a-gerarchica, infittire e materializzare la rete che va man mano formandosi a partire dal digitale, incarnandola appunto nel reale dei rapporti umani e del presidio quotidiano del territorio (diremo ‘digi-reale’).

 In particolare ci stiamo ritrovando a discutere su:

 1) una idea avanzata di gas, inteso come occasione di ridefinizione dei concetti e dei comportamenti dello stare insieme e non solo come una tecnica di acquisto critico, ma una vera e propria occasione di riposizionamento socio-culturale;

 2) una idea di interazione tra persone e luoghi secondo una pratica antica come il mondo eppure straordinariamente moderna e rivoluzionaria, quella del baratto, un ‘baratto felice’;

 3) il tentativo di proporre anche nel nostro contesto un’altra declinazione dello stare insieme critico e costruttivo e soprattutto solidale, quella della ‘banca del tempo’, altrove così ben avviata e che ben si potrebbe intrecciare al gas e al baratto.

mappa_golfo02Questi approcci, e quanti altri vorranno e sapranno venir fuori dal nostro incontro spontaneo e informale, ci auguriamo serviranno tutti a ridefinire i ruoli di ‘produttore’ e di ‘consumatore’ alla luce di una micro-socialità di zona (oltre che di una micro-economia) ‘a km 0’, o meglio potremo dire, ‘a km golf-0’.

E se qualcuno ci parlasse di agricoltura organica e di ibrido fertile in italiano volgare del sedicesimo secolo?

Ibridazione fertile tra natura e cultura come esito concettuale e ripartenza strategica per un nuovo paesaggio ‘agri-cultu-rurale’

della portaVeniamo da un bel viaggio tra le pagine di un trattato cinquecentesco di Giovanbattista Della Porta che, oltre a darci una lezione di umiltà anzi tempo sui limiti dell’uomo verso la natura come farebbe oggi un vero permacultore, ci svela anche un’agricoltura sinergica ante litteram e mette a tema il concetto antico e moderno diibrido fertile, concetto che nella sua accezione culturale e socio-antropologica ci interroga su di una possibile contemporaneità rurale.

Fin dalle prime pagine del testo De i miracoli et maravigliosi effetti dalla natura prodotti(Venezia, Ludovico Avanzi, MDLX) la magia è presentata come conoscenza della natura e della naturale amicizia e ‘inimicitia delle cose naturali’. Delle varie magie la magia naturale è ‘consumata cognitione delle cose naturali’ ed è presentata come la disciplina (definita anche ‘perfetta filosofia’) entro la quale trovano spazio pure gli studi di agricoltura.
Nonostante la temperie culturale alchimistico-rinascimentale in cui Della Porta è immerso, già si intravede una sorta di razionalismo (e di là da venire poi illuminismo napoletano) ante-litteram: la ‘marauiglia’ e ‘l’autorità’ che avvolgono in un alone di mistero le cose di cui non si riesce a dare una spiegazione razionale (‘quanto le cause sono ascose’) si dilegua miseramente, rassicura l’autore, nel momento in cui ce le spieghiamo.
La magia naturale è  in accordo con la natura perché ne è semplicemente ‘menistra o serua’. L’uomo quindi, il riferimento è anche a Plotino, in quanto mago che opera nella natura e con la natura, si rivela come ‘ministro, e non artefice’ della realtà, poiché la sua arte (la magia naturale) non crea le cose ma ‘ua applicando le cose insieme’, nello stesso modo in cui la natura produce le essenze vegetali e l’agricoltura è ‘disciplina che si adopera a che l’uomo ne tragga massimo beneficio senza andarle contro’.
Nel mondo naturale, tra le cose, le piante e gli animali esistono rapporti di affinità e di repulsione, mossi da reciproca convenienza o meno (‘conuenientia e disconuenientia’). Quel che i greci chiamavano simpatia e antipatia qui son chiamate ‘amicitia e inimicitia’ e si rivelano a noi attraverso il gioco combinatorio delle simpatie naturali. Leggi il seguito di questo post »

Written by casaleilsughero

28 febbraio 2013 at 17:09

Dall’economia del bisogno ad una nuova economia reale

Come si può pensare ad una economia differente se non ristrutturiamo il nostro sistema dei bisogni?

patate

Patate: facili da coltivare e conservare

Nel post (Cos’è un pomodoro?) abbiamo discusso del valore simbolico del pomodoro come risultato di un gesto di auto-produzione. Coltivare un pomodoro (o auto-produrre qualsiasi bene di prima necessità) ha una valenza oltre che ecologica e nutrizionale anche economica e politica molto forte: significa svincolarsi dal sistema della distribuzione, dai ricarichi dei commercianti, dai ricarichi dei sistemi fiscali, dal consumo di energia per il trasporto, dalla produzione di rifiuti.

Ma, andando ancora oltre, ristrutturare la propria esistenza individuale e collettiva nel segno di una primaria attenzione all’auto-sostentamento – ovvero allargare la propria base di autosufficienza e quindi ridurre progressivamente la dipendenza da una vorace e drogata economia di mercato – significa riassegnarsi una piccola fetta di libertà e di autodeterminazione.

Dall’inizio della crisi economica sono aumentati gli indebitamenti da parte dei cittadini: cessioni del quinto dello stipendio, erogazioni di micro-credito, piccoli prestiti personali, domande (non le concessioni) di mutuo, aperture di credito sui conti correnti.

Questi cittadini, che negli ultimi decenni del secolo scorso sempre più sono diventati consumatori bisognosi di tutto, negli ultimi anni sono diventati (sono stati fatti diventare) bisognosi del denaro per poter consumare, impotenti per non riuscire a fare a meno di consumare. In altri termini, sono diventati addirittura bisognosi del bisogno, un meccanismo perverso compulsivo come quello della fame nervosa che però ti induce a vedersi anoressici di beni di consumo e quindi spinge ancora oltre. Ma fino a dove? Leggi il seguito di questo post »

Written by casaleilsughero

19 gennaio 2013 at 17:01

Che cos’è un pomodoro?

Del pomodoro e della sua identità…

A questa semplice domanda verrebbe facilmente da rispondere che si tratta di un ortaggio, non di origine europea ma che giunse qui da noi secoli fa dalle Americhe. Altri risponderebbero con una descrizione, un alimento dal sapore acidulo e dolce di colore rosso e succoso. Un botanico risponderebbe che si tratta del frutto di una solanacea, un gastronomo che è un ingrediente importante per molti piatti cucinati e crudi della dieta mediterranea, un contabile di un supermercato che è un prodotto, un bene di consumo che trova posto negli scaffali dedicati ai prodotti freschi, un contadino mediterraneo affermerebbe che è la base dell’alimentazione estiva e che è importantissimo per le conserve destinate all’inverno.
Potrei continuare ancora per molto, ma mi interessano gli ultimi due punti di vista, quello del supermercato e quello del contadino. È possibile che lo stesso oggetto sia definito così diversamente, significhi cose così diverse per queste due figure? Ovvero una merce, un prodotto destinato alla vendita e d’altra parte invece la speranza di sostentamento invernale per una famiglia di contadini?
La domanda non è infondata, infatti viene quasi il sospetto che non stiamo parlando della medesima cosa. Sebbene portino lo stesso nome i pomodori che trovano posto nel bancone di un supermercato e quelli che crescono testardi in un orto tradizionale di un ancor più testardo contadino che li coltiva per sostentare sé e la sua famiglia infattinon sono la stessa cosa. Sono due oggetti diversi. È diverso il loro colore, la loro forma, le loro dimensioni, il loro odore e soprattutto il loro sapore. L’uno si consuma, l’altro si mangia, l’uno è una merce, l’altro un bene.
Ma non è tutto, perché col loro sapore diverso veicolano una differenza ancora più importante, quella di valore. Mentre i primi sono anzitutto e perlopiù investiti di un valore economico, di merce, ovvero di oggetto di scambio di denaro, i secondi posseggono e mostrano un valore piuttosto identitario: i primi sono oggetti globalizzati, strumenti di guadagno, i secondi invece portano con sé la specificità del luogo in cui sono coltivati, quella della mano e della sapienza di chi li cura, la diversità genetica che li lega al luogo di generazione, il sapore e l’odore della terra in cui sono cresciuti e maturati.
Inoltre è facile intuire come un pomodoro possa essere inoltre non solo il frutto di ungesto agricolo ma anche di un gesto gastronomico perché con esso (di esso) ne si fa qualcosa oltre a mangiarlo…

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Written by casaleilsughero

23 dicembre 2012 at 17:52

Riconversione in decrescita

logo casale il sugheroQuando ancora il turismo in provincia di Salerno e non solo era solo improntato al consumo delle settimane estive delle seconde case di vacanza e de campeggi e modelli alternativi di sviluppo turistico sostenibile altrove invece erano già una realtà noi cominciavamo a immaginare un approccio diverso al territorio e alla sua fruibilità. Quando ancora le città erano lontane dalle campagne e il modello di sviluppo metropolitano era un modello da seguire non solo per i giovani cilentani ma per i giovani delle province agricole del sud Italia, noi invece cominciavamo a progettare un modello di sviluppo diverso.

E così nel 2006 cominciò l’avventura di Casale Il Sughero (www.casaleilsughero.blogspot.it) . Nessuno voleva scommettere su terreni abbandonati e i giovani nelle città avevano altre aspirazioni e interessi. Rilevammo il terreno con un rudere e cominciammo a immaginare e progettare un recupero funzionale, ideologico, abitativo, produttivo. E così nel 2010 abbiamo inaugurato una emigrazione al contrario: dalla città alla campagna, dal nord al sud. Da Napoli ci siamo trasferiti nel profondo Sud del Cilento Lucano e da due anni abbiamo avviato la nostra scommessa di ripartenza dal basso, dalla terra, dall’autosostentamento e dall’ospitalità rurale: una fattoria in transizione, basata sulla diversificazione e l’autoproduzione secondo criteri sinergici e permaculturali.

Quando ancora tutti i nostri coetanei emigravano verso le industrie, verso il terzo settore, al nord Italia o all’estero, noi abbiamo scelto la strada opposta, quella della decrescita. Non una decrescita fatta solo di parole, che quando restano tali diventano chiacchiere, e neanche una decrescita post-sessantottina dagli atteggiamenti hippy o radical chic. Ma una decrescita silenziosa e fortemente motivata e consapevole, sia culturalmente che fattivamente, radicata nella tradizione e nella difesa delle identità dei luoghi e allo stesso tempo innovativa e aperta al cambiamento.

Non seguiamo la moda del momento in fiere o feste di paese, non ci autoproclamiamo martiri o eroi coi toni new-age degli ecovillaggi o con quelli pomposi delle pseudo-nuove contadinanze, non ne abbiamo bisogno. I nostri valori sono la salvaguardia della diversità, il rispetto delle tradizioni, la tutela delle identità di popoli e territori, la lealtà, la fedeltà all’impegno preso e alla parola data, l’onore di essere espressione di un territorio rurale.

Perseguiamo il nostro obiettivo sperando di essere da esempio a gruppi di giovani delle vicine città (Napoli, Salerno, Potenza) che oggi, negli ultimi tempi, finalmente si stanno ritrovando intorno ai temi della decrescita. Per questo saremmo contenti che tutti voi ci veniste a trovare per conoscere la nostra realtà in evoluzione e continuo sviluppo e pianificare insieme l’unione dei nostri intenti.

Il temporaneo-contemporaneo di una nuova ospitalità rurale in Cilento e non solo: i wwoofers, clerici vagantes del terzo millennio

DSCN8599 (Copia)Come può un luogo ‘dimenticato’ e ‘marginale’ di uno dei tanti territori rurali italiani tornare ad essere frequentato? Come può una luce riaccendersi dopo anni di buio in una casa e riacquistare una sua ‘centralità’ cognitiva ed emozionale rispetto alle rotte di viaggiatori e passanti? Più che di ‘abbandono’ di un luogo sarebbe meglio parlare di ‘metamorfosi’e se a metamorfosi seguono metamorfosi allora anche ciò può avvenire.

Tanti luoghi rurali sono stati lasciati vuoti dai loro abitanti nei decenni  scorsi per correre in città e verso una nozione di progresso veicolata da media e istituzioni e tutto ciò ha prodotto lo spopolamento che ha innescato una metamorfosi nel segno in alcuni casi di una rinaturalizzazione dei luoghi rurali. Questo però ha creato scoraggiamento in quelli che sono rimasti che non hanno saputo (o voluto) più correttamente decodificare le potenzialità dei luoghi.

E così lentamente questi territori sono diventati ancora più marginali. Solo una nuova riconversione dalla città alla ruralità (una nuova metamorfosi antropologica) può invertire la rotta e ciò in alcuni casi sta avvenendo, casi però ancora pionieristici nonostante la crescente attenzione a questi temi che si comincia a registrare nelle città.

La nostra esperienza col progetto Casale Il Sughero – Laboratorio della Città del Quarto Paesaggio è un piccolo esempio di riconversione produttiva e di riposizionamento esistenziale in questi anni di profondi cambiamenti, anche attraverso l’ospitalità rurale wwoof. Vediamo insieme di cosa si tratta. Leggi il seguito di questo post »

Written by casaleilsughero

10 dicembre 2012 at 16:55

Ciucciopolitana come infrastruttura immateriale dei piccoli paesi dell’appennino meridionale

Image

di Amedeo Trezza

13-11-2011:

Arrivo della Ciucciopolitana a Casale Il Sughero a Vibonati dopo 2 giorni di cammino con Austino figlio di ciucci liberi, da Pruno, per Rofrano, Caselle in Pittari e Morigerati.

13-11-2012:

Dopo un anno Casale Il Sughero ricorda l’evento e continua a crederci: dopo le due ciucciovie percorse quest’anno con amici e viaggiatori (dal Casale al centro storico di Vibonati e dal Casale a Morigerati – Oasi del WWF ‘Grotte del Bussento) stiamo progettando altre due tratte che attraverseranno altri paesi, altre acque e altri sentieri…a breve vi daremo notizie… intanto la rete di infittisce!

‘Chi va piano va sano e va lontano’, insegna il ciuccio-professore Austino, che con la sua lentezza meditativa e attenta detta il giusto ritmo all’uomo per interagire col reale dei paesaggi che incontra e attraversa.

Camminare disegnando ogni volta i percorsi di una metropolitana rurale è praticare una infrastruttura immateriale di un territorio vasto e spopolato (o meglio ‘mal popolato’) come il Cilento, tentando di decodificarne le potenzialità taciute attraverso un attore di paesaggio, l’asino, che insegna ontogeneticamente la resilienza su di un territorio difficile ma non impossibile, per lui, per l’uomo.

Il passo dell’asino è un passo leggero sulla terra che apre un sentiero, apre una relazione, senza lasciare traccia se non della relazione stessa, senza resti e rifiuti se non i suoi escrementi, nuovo concime per madre terra. Simbolo della subalternità del mondo contadino e delle aree residuali del meridione rispetto alle città e ai ‘nord del mondo’ ma anche simbolo al contempo di perseveranza e di fortitudine, di resistenza attiva e di resilienza.

Written by casaleilsughero

13 novembre 2012 at 20:03

Ospitalità rurale in Cilento e non solo

di Amedeo Trezza   (Casale Il Sughero)

L’ospitalità rurale è: 

il contrario di agri-turismo, ovvero è abitare un territorio agricolo naturale spesso spopolato rispettandolo e traendo da esso sostentamento primario, partecipare attivamente alla sua vita, alle sue dinamiche, alla sua salvaguardia, viverlo nella dimensione della quotidianità e aprire la dimora della propria famiglia al viaggiatore consapevole e attento, accoglierlo e renderlo partecipe della possibilità di una nuova forma di urbanità.

L’ospitalità rurale non è: 

l’agri-turismo, ovvero non è dislocare in un posto tranquillo una struttura ricettiva, declinare al modo naturale la vacanza conservando i confort, i costumi e i parametri concettuali di sempre, consumando ancora una volta, magari in maniera più sottile, un territorio rurale, snaturandolo. 

ImagePurtroppo assistiamo da alcuni anni a questa parte ad una continua e preoccupante inflazione linguistica in tema di sostenibilità ed ecologia nel settore turistico-ricettivo (leggi ad es. il precedente articolo del nostro blog: Turismo e anti-turismo: inflazioni linguistiche e pratiche devianti) che ci porta a imbatterci sempre più in finti agriturismi e residenze rurali, improbabili agri-campeggi e villaggi rurali che nascondono purtroppo solo strutture di vecchia concezione malcelatamente riconvertite in maniera più o meno posticcia per stare al passo con le mode del momento ma conservando sostanzialmente la loro impronta commerciale di basso profilo.Per ridare dignità e ricominciare ad interpretare di nuovo i luoghi sublimi del paesaggio rurale italiano in maniera filologicamente onesta ma allo stesso tempo contemporanea c’è bisogno di rileggere il loro potenziale in modo tale da riconvertirli da luoghi dell’apparire a luoghi dell’abitare, da luoghi di vacanza (dal latino vacatio) a luoghi della presenza, da luoghi del fine settimana a luoghi della quotidianità. Leggi il seguito di questo post »

Written by casaleilsughero

9 novembre 2012 at 17:20

Turismo e ‘anti-turismo’: inflazioni linguistiche e pratiche devianti

Con questo post inizia la collaborazione a ‘Piccoli Paesi’ di AMEDEO TREZZA / Casale Il Sughero, Cilento.

Ai nostri giorni che vanno di moda termini come ‘sostenibilità’, ‘ecologico’, ‘responsabile’, ‘naturale’, ‘biodiversità’, ‘eco-compatibili
Molto spesso però abbiamo a che fare con l’ennesima moda linguistica che cela strategie di marketing dove nel migliore dei casi abbiamo un alberghetto di campagna con un po’ di terreno anziché affacciarci su di una strada statale.tà’, ‘biologico’, nel campo del turismo si parla di conseguenza sempre più spesso di ‘agriturismo’ anziché di hotel, di turismo ‘sostenibile e responsabile’, di turismo ‘ecosostenibile’, di viaggio ecologico, di ‘agri-campeggio’ anziché di campeggio, di ‘villaggio rurale’ anziché di residence, di ‘residenza rurale’ anziché di villa. Anche il Cilento ne è pieno…

Infatti tante strutture ricettive cosiddette ‘agri-turistiche’ che seguono questa tendenza non fanno altro che aggiungere qualche animale o qualche orticello negli spazi comuni, dove però continuano a trovare posto piscine, aria condizionata e tutti i confort della civiltà industriale. Ma nei fatti non sono altro che ciò che sono sempre state, luoghi di svago e di vacatio per turisti frettolosi e disattenti che ancora una volta – e oggi nella declinazione del verde e della natura – vogliono svagarsi prima di ritornare in città. Leggi il seguito di questo post »

Written by casaleilsughero

29 ottobre 2012 at 14:40