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APPELLO da FLUMERI : SALVATECI dallo SCEMPIO
Lettera inviata da un cittadino di Flumeri ad AMBIENTE ITALIA e a REPORT; finora nessuna risposta. Chi può dare una mano ?
“Sono un cittadino del comune di Flumeri, piccolo paese della provincia di Avellino assurto, ahimè, alle cronache nazionali per le vicende dell’Irisbus, fabbrica del Gruppo Fiat chiusa da circa 3 anni.
Sono molto preoccupato, e con me buona parte della popolazione, per le conseguenze che potrebbe avere per la salute di noi abitanti (ma non solo del ns. Comune), l’installazione nelle adiacenze di questo stabilimento, di un sistema di accumulo di energia elettrica “non convenzionale” di 12 Megawatt, da parte della Terna Spa, che lo sta già realizzando attraverso un società veicolo denominata Terna Storage srl, con capitale sociale di €. 10.000,00. Trattasi di un impianto sperimentale che dovrebbe incamerare parte dell’energia prodotta da pale eoliche localizzate in altri comuni distanti dal nostro che non trova immissione diretta nella rete di trasmissione nazionale. Ma, da quello che intuisco, è esso stesso generatore di energia, con metodologia diciamo alternativa, tant’è che verrebbero elargiti incentivi statali, conseguenti alle performances appurate da un’apposita commissione di saggi, che dovrebbe valutare la sperimentazione in 12 anni. E’ il primo in Europa di questa portata, ma non sarà l’unico, tant’è che sono in corso da parte di Terna richieste di ulteriori siti (altri cinque in Campania e uno in Sardegna e in Sicilia). Utilizza tecnologia giapponese vecchia di 25 anni, perché pare che i diritti di brevetto siano scaduti ed i componenti non sono costosi, e le 10 batterie che verranno installate da metri 4x9x4 dovranno “bollire” a 350 gradi tonnellate e tonnellate di sodio e zolfo, che a questa temperatura si manterrebbero allo stato liquido.
Vecchioni, una ragazza e gli operai della Irisbus
Vecchioni, una ragazza e gli operai della Irisbus / Quando la crisi arriva a ferragosto _di Paolo Saggese
In questa insolita estate, più insolita delle tante insolite, cui siamo stati abituati in questi ultimi anni, persino le notti di mezza estate o di fine estate assumono immagini, che non hanno nulla del sogno o della quiete tipica dei cieli d’agosto. L’aria spira lieve, dà sollievo all’afa, ma non si respira aria di pace, di riposo, di stasi irreale che dominano mente e cuori. La “sera del dì di festa” di leopardiana memoria ha oggi poco di poetico.
E così può succedere – come è accaduto a Lioni il 17 agosto – che il concerto di Roberto Vecchioni perda all’improvviso i crismi tipici di uno spettacolo culmine dell’estate e diventi luogo di discussione, forum aperto a tutti, quasi lancinante, di una crisi planetaria che evoca povertà e disperazione.
IRISBUS, 40 anni di speranza e di lavoro _ di Paolo Saggese
1973 – 2011 Quarant’anni di speranza e di lavoro _ _ _ di Paolo Saggese
L’Irisbus di Flumeri ha quarant’anni, ma sembra in questi giorni dimostrarne molti di più. Rischia il “prepensionamento”, rischia la precarietà, la flessibilità, la chiusura.
Questi rischi allarmano e deprimono, perché dietro i numeri ci sono le storie di migliaia di persone, di famiglie di lavoratori, di bambini, di donne, di chi ha lavorato e chiede solo di poter lavorare. Questa storia ha avuto inizio quarant’anni fa, come ha raccontato in modo appassionato Cesare Ianniciello in un libro, di cui abbiamo già parlato su queste colonne, un interessante e sentito diario – inchiesta edito per i tipi della Sellino editore, con una prefazione limpida ed acuta di Generoso Picone: “Fiat Val d’Ufita, autobiografia di un quadro irpino” (Avellino, 2007).
Con estremo equilibrio, dunque, l’autore descrive la vita dello stabilimento Iveco di Val d’Ufita, e quindi la sua esistenza, di giovane avvocato, che entra in Fiat, e che, sin dall’inizio – settembre 1978 – fa propri gli interessi dell’azienda al punto da dedicarle la vita lavorativa, da responsabile del personale e dei rapporti sindacali, sino a quando, per vicende interne e per conflitti legati proprio a contrattazioni sindacali, viene emarginato e costretto al ritiro.
IRISBUS, nel dramma la comicità e la pazzia
Irisbus, nel dramma la comicità delle dichiarazioni di tutti i politici, rappresentanti istituzionali e sindacalisti: tutti esenti da responsabilità, tutti pronti al tutto che equivale al nulla, tutti bravi a dispensare ricette. Peccato che mancano gli ingredienti, le dosi e la “passione”. E’ un ciclo, tutto cambia, tutto si evolve, si è ad un punto di non ritorno: salviamo il salvabile e sforziamoci di immaginare e “prevenire” altre simili gravità. Il paese è al limite, vincoli economici impongono strette su tutto, un’azienda non equivale ad una “una tantum” come il caso delle quote latte, risolvere il problema oggi con un flusso finanziario enorme significherebbe soltanto rinviare il problema. Fiat ha detto: “datemi i soldi com’è stato finora e continuo a tenere lo stabilimento aperto”.