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Goleto 1968, un contributo di Sergio Brancaccio
Invio una recensione sul mio libro, pervenutami dal prof. Sergio Brancaccio, docente di Archittettura presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e responsabile Lion per il Meridione del recupero dei beni culturali e ambientali. Dora Garofalo.
GOLETO BENE COMUNE
Goleto, bene comune. Presentazione del libro ‘Goleto 1968’.
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QUESTO POST contiene l’articolo di Antonio Vespasiano pubblicato sul Corriere dell’Irpinia di domenica 16 marzo 2014 + FOTO + RASSEGNA STAMPA.
“Goleto bene comune”. Se uno slogan può sintetizzare un appuntamento culturale consumato nel pomeriggio primaverile di un sabato di marzo, Gianni Festa l’ha azzeccato in pieno. Sono state proprio queste parole del fondatore del Corriere dell’Irpinia a dare una traccia di lavoro al convegno di presentazione del volume “Goleto 1968” di Dora Garofalo, edito da Delta 3, in una sala affollatissima. Un volume che raccoglie gli studi sull’antica Abbazia del Goleto, fatti dall’autrice in occasione della sua tesi di laurea discussa proprio quando cominciavano a diffondersi le idee della profonda trasformazione sociale che prese l’avvio proprio nel 1968.
GOLETO 1968. Prefazione.
… Lo stato della Cappella era desolante; riparo delle cornacchie che nidificavano nella vicina torre della Badessa Febronia, le finestre senza infissi, la porta di ferro, senza vetri ed aperta, qualche scanno mal ridotto, dal centro dell’abside, da una nicchia di legno con vetri, dominava una statua, in cartapesta, del P. S. Guglielmo, di fattura leccese, un po’ malridotta, che mi diede il benvenuto. … Visitai poi il resto della Badia: tronconi di mura, come mani scheletrite, innalzate al cielo, in buona parte coperte di edera che abbelliva un po’ la desolazione che vi dominava dappertutto: rovi, spine, urtiche ben alte, sambuchi ed altre erbacce che formavano un unico groviglio. Una vera desolazione ! un abbandono totale !
Sono gli appunti di P. Lucio Maria De Marino al suo arrivo alla Badia del Goleto; era il 21 agosto 1973. La comunità ecclesiale era stata soppressa nel 1807 e l’Abbazia era stata man mano spogliata di ogni bene artistico. Erano passati 166 anni nel completo abbandono.
Dora Garofalo, pochi anni prima dell’arrivo di P. Lucio, fotografa l’Abbazia nel suo abbandono e nel suo splendore. Per scrivere usa una portatile Lettera 32 Olivetti e, per fotografare, una Korolette Bencini con pellicola in bianco e nero. Dattiloscritto e immagini ci restituiscono con nitidezza la cittadella monastica di quarantasei anni fa. Ci sono parti andate irrimediabilmente perdute col terremoto del 1980; gli affreschi della Cappella di San Luca e le arcate in pietra interne all’ex-chiesa del Vaccaro, ad esempio. In una foto si vede il bellissimo e prezioso bassorilievo raffigurante San Guglielmo, rubato purtroppo durante i primi lavori di restauro negli anni ’80 e mai più ritrovato.
… Ancora nel 1968 continua a rimanere nell’oblio e nell’abbandono totale una Badia che è stata un faro luminoso nell’Alta Valle dell’Ofanto. … L’edera che ricopre i muri, il verde dei prati che circondano il monastero, la fontana di S. Guglielmo che ancora invita a bere la sua acqua argentina le pecore e gli asini che si aggirano indifferenti tra o maestosi ruderi infondono nei visitatori rabbia mista ad una grande tristezza !