MA CI SERVE GUARDARE IL MARE ?
Una profusione di fondi europei è dispiegata per parlare di territori; tra questi l’Irpinia col progetto in corso d’opera dal titolo ‘Sistema Irpinia per la cultura contemporanea’. ‘Sistema’, si sa, nel gergo partenopeo è sinonimo di malaffare organizzato. Iniziative non bene identificabili si svolgono pertanto in giro per la regione; al museo Madre di Napoli, la presentazione di un video; l’inviato di ‘Piccoli Paesi’, mitico Prof. Alamaro, in arte e in rete ‘Eldorado’, ci aggiorna di seguito sul salottiero incontro, dove l‘Irpinia sembrava essersi focalizzata a Rotondi. Sì, a Rotondi.
Domenica scorsa invece l’apertura di una mostra dedicata ad Ettore Scola nell’Abbazia del Goleto. Nell’introduzione oratoria e pubblica alla mostra, un sentito ed unico ringraziamento al ‘politico’ di casa (tra l’altro imbarazzato) come se i fondi europei fossero grazia di partito; ancora una volta l’immagine di un’arte e di una ‘cultura’ asserviti al ‘sistema’ politico-partitico-economico dominante; una pur buona iniziativa affossata in poche parole introduttive bestemmiate in un luogo di straordinaria religiosità. Il Goleto appartiene alla storia, a Guglielmo suo pellegrino fondatore nel 1133; né al sindaco di sant’angelo e né a quello di nusco o lioni.
E poi le stralunate elucubrazioni del ‘guru’ francese, ogni giorno intere paginate sui giornali provinciali. A quell’età la nostra Irpinia gli solletica l’eros…
Intanto, come neve sciolta al sole, sembra scomparso il giovane e promettente nutrito gruppo di studenti e studiosi irpini che ben ci avevano fatto sperare sul giusto indirizzo di spesa dei 300.000 euro finanziati dall’Europa per la cultura e l’arte irpina. Ma ci serve guardare il mare ? O meglio che dal mare imparino a guardare le nostre montagne ? Lo Sponz Fest e Cairano 7x vanno saggiamente in questa direzione _ a.verderosa e piccoli paesi vi lasciano al resoconto di ‘Eldorado’; al ‘sistema’ proponiamo di rendere pubblici i conti delle manifestazioni.
Irpinia contemporanea sui due mari
Salve amici, grandi Orizzonti vedo dai Piccoli Paesi dell’Appennino!
Cronaca & storia dal vostro invitato speciale sulla linea di costa della Campania-Madre felix. Come da Ordine supremo impartorito dal Quartier generale dell’Irpinia-malupina (furba, scaltra, ur-lupina, ndt), sono andato puntuto e puntuale alle 19.00 di venerdì scorso et scarso alla “Sala Re_PUBBLICA MADRE” di via Settembrini a Napoli per verificare se dal balcone dell’Irpinia se vedeva veramente -come promesso dall’invito- ‘o mare dell’arte contemporanea quant’era bbello!
Ecco dunque il reso-conto & scontro della presentazione del documentario di Nicolangelo Gelormini: “L’Irpinia che guarda il mare”; pezzoforte del “Sistema Irpinia per la cultura contemporanea”, un progetto finanziato dalla Regione Campania, con direzione artistica di Maria Savarese.
Tutta la cronaca minuto per minuta: parla per primo il Presidente della Fondazione Donnaregina per l’arte contemporanea, Pierpaolo Forte, anzi, non risparmiamoci: Fortissimo. Dice che bisogna lavorare contemporaneamente ad arte per tutte le fasce del nostro territorio regionale; nelle sue tante parti e particelle ove l’Irpinia ha una specifica personalità, una sua specificità e particulosità ta-ttà. Magari un po’ interna ed inter/nata, ma –promette-: nuje che ce stammo a ffà??, li estro-flettiamo NOI!!!
Passa la palla poi al direttore del MADRE che parla di passo passo & spasso contemporaneo (di certo non scasso); parla di parte dopo parte in commedia; di sistema Irpinia e Irpinia sistemata ad arte … (domanda trabocchina: ma che sarà mai questo “sistema Irpinia”…, non si sa .., forse si vedrà: apparirà in neo-contemporanea?).
Poi la palla va alla dinamica curatrice del tutto, Maria Savarese, che fa un po’ di promozione ricordando gli appuntamenti prossimi venturi e d’avventuri: quelli immediati a Nusco e all’abbadia del Goleto, poi a Bagnoli Irpino; quindi, il 25 ottobre, ancora di scena il Goleto per fare dell’Irpinia un “centro di cultura straordinaria”. Auguri!!
Stop, si spengono le luci, inizia il documentario con un introibo tratto da uno scritto dell’irpino, nativo di Morra, Francesco De Sanctis, grande Padre della Storia della letteratura italiana, che evoca l’antico artista-mago dell’immagine, lo stregone, lo sciamano, ecc., ecc….. Esattamente scrive: “Gli artisti sono grandi maghi che rendono gli oggetti leggieri …” (ma De Sanctis faceva anche netta distinzione tra il “poeta”, capace di esprimere il profondo sentimento della vita, e l'” artista”, abile a fermare l’ornato e il colore. Ma eravamo nell’800 romantico che fu, che fuje!!)
Intanto ‘o tiempo passava, (e comme passava … e spassava…) e niente: il mare nun se vedeva nel filmato del “Sistema Irpinia”. Anzi, per la verità, non se vedeva nemmanco l’Irpinia perché eravamo stabilmente nella valle del Sannio, a Rotondi, non lontani dal giogo delle fu Forche Caudine, ricordate?
Eravamo ed erravamo in una via periferica di Rotondi (quant’è bello il Mondi), esattamente in via Varco (per il futuro: finché la via Varco va, lasciala andar, ndr), dove si sono ritrovati per miracolo e mira-culo vari maturi, giovani e /o giovanili artisti d’oggi: alcuni del luogo, altri frutto di matrimoni d’arte misti SannioSpartenopei (Perino & Vele, Lucio & Peppe Perone, Umberto Manzo e l’acuto Eugenio Giliberti, ndr).
Tutta fuffa e molta frutta secca ben nota e nuotata ad arte; tutta simpatica muffa tardomoderna che fu, … neo, trans, post, fuffAvanguardia addomesticata: niente di veramente rilevante e di sintetico co-co contemporaneo alla vita irpina e malupina di cui sopra. “Che avessero sbagliato ‘o film?, che avessero muntato un’altra pizza o un’altra zeppola e panzarotto?”, pensavo.
Me ne vado, me ne evado? No, resistere, esistere: calma e gesso di piccolo paesano ce vo’, … attendo attento paziente. Il famoso artista Luigi Mainolfi fugge intanto nel filmato sulla fascia col/laterale col pallone della Terra tra i piedi argomentando di un generico Sud del Mondo; cioè che il Sud è luce et vita d’arte…. che il Sud è energia, … a volte tellurica, a volte terribile, a volte benefica, fate voi, …. W ‘o Sudd, W ‘o rre, WW l’arte!!
Mainolfi ricorda la sua infanzia nel Venezuela, figlio d’emigranti di Rotondi (quant’è amaro il mondi!!); poi il ritorno, l’incontro con i ragazzi del suo Piccolo paese e il rovesciamento di prospettiva che azionò: “Trovai Rotondi in uno stagno”, dice patetico. Poi l’Accademia, le Arti Belle e Buone, il suo trasferimento a Torino per cui, anni dopo, “fece” a Napoli l’ironica istallazione: “Torino che guarda il mare”, … (ma, già a metà ‘800, l’avevano ben guardata dall’alto tutti gli altri savoiardi: voglio ‘a zuppa ‘e latte d’Italia!!, disse Cavour, ndr).
Quindi flash su castello di Monocalzati (calzati su misura, s’intende); si dice ancora, nel filmato, della presenza di tante cose insieme, di tanti racconti insieme, … di cortili, di finestre, di balconi sul mondo; si parla di trama, di trame, trauma, di tram che passano per far quadrare il cerchio di Rotondi: “c’è poco spazio e poco interesse qui da parte della gente comune e comunale per l’arte contemporanea, ….”, si dice, si lamentano, come da copione di sempre sudd.
Si evocano così mappe, mappini e territori futuribili: Andres Neuman, che ha tenuto, nel “sistema Irpinia”, un bel seminario, rileva che quelle in gioco ad arte contemporanea sono “esperienze umane”: siamo ai margini, in terre di frontiera. S’invoca, salvifica, la “tradizione estradata”, cioè che “bisogna aprire fratture e incidere nella tradizione”, come si fa per gli innesti nell’agricoltura.
E ancora, sempre sulle culture agricole, Neumann afferma: “la fertilità di un territorio dipende dagli esseri umani che lo abitano.” Già, ma qui nel filmato la gente non si vede: me ne vado! ‘O zappatore nun s’à scora ‘a mamma (e ‘o Madre!!).
Vado per alzarmi, fuffa fuppa, puffando (pop, pop, flop, flop), quando a un incerto punto, anzi, a un punto e virgola, ecco, compare e cumpare sullo scherno Lui, Isso, Iddu, ‘o Califfo-nato: Ciriaco de Mita! E’ la svolta, arriva Lancill’8, è la svolta del documentario!
‘O sindaco, ‘o Presidente, s’insedia nel video e ricorda tranquillo et sicuro il tempo irpino del sacrificio come lavoro che fu; il tempo antico dell’autoproduzione; del consumo domestico e dell’artigianato. Era l’Irpinia cupa e autunnale, fredda e introversa. Interna, intrena (per l’emigrazione) et hostile, diffidente e antimoderna. Quella dei tempi gelidi da lupi che se magnavano ‘e pecore; l’Irpinia senza riscaldamento, senza tv, senza dc, senza tessere, senza assistenza, senza accompagnamento, senza pensioni d’invalidit’è, (tu futte a mme, io fotto a tte!!).
Poi lo sviluppo aprì nuove vie, le varianti alle vecchie vie statali, la comoda 7 bis a scorrimento veloce, cioè “la demitiana” del dopoterremoto: l’Irpinia si scopre così come risorsa interna, al centro -attenzione, attenziò- contemporaneamente tra due mari: quello Tirreno e l’Adriatico. Meglio di così se more!!
Infatti, con le comunicazioni rapide, dice de Mita, ciò che era periferia diventava centrale, spina dorsale appenninica con balcone vista mare. Anzi con due balconi posti sulla capitale politica Nusco: uno che guardava la costa tirrenica e l’altro posto a mirare l’Oriente della costa Adriatica. (A chi mette ‘a coppe, Napule, Na, thieeè!!)
Devo dire la verità: favoloso, rapido, geniale, l’unico artista contemporaneo ironico del filmato, Ciriaco de Mita, con lo sguardo su grandi Orizzonti da Piccoli Paesi, in contemporanea Irpinia da sberleffo!!
Nessuno aveva convinto con le parole et opere e operette, lenti e seriosi tardo-moderni com’erano; tranne lui, Isso, Iddu, il Maratona-dona dell’Irpinia, il vero regista del filmato al quale ha dato un senso futuribile e una sintesi politico-culturale democratica et cristiana, oggi e sempre.
E’ il miracolo quotidiano appenninico di san Ciriaco da Nusco che batte quello puntale, del 19 settembre, della liquefazione straordinaria del sangue di san Gennaro Tirreno, nonché quelli vari ed eventuali di san Nicola di Bari d’Oriente. E’ il trionfo dell’ArtiGiano che da Nusco guarda da qui e di là, ieri e oggi, fronte-retro: la doppia balconata di San Ciriaco. Poi la zampata finale: “…le occasioni sono legate alle circostanze …” conclude De Mita. Una promessa, una minaccia, una certezza!!
Grande artista e grande artigiano del consenso, san Ciriaco. Lucido, leggero, guizzante, ma-lupino, con-temporaneo eterno. E come tutti i grandi artisti-artigiani, de Mita non ha eredi all’altezza della situazione. Non ha commesso l’errore del non dimenticato Fiorentino Sullo che lo fece crescere artisticamente, …
Lui, Isso, Iddu, non ha fatto crescere (pare) nessuno: una quercia, un califfo-nato, come Eduardo…. Ciriaco è l’Eduardo De Filippo d’Irpinia; è la Madre e il Padre insieme, forse anche il nonno e la nonna d’Irpinia nel contemporaneo di sempre. E’ la Filumena Marturano che dice: ‘e figli ‘e l’Irpinia so’ piezze ‘e core, e perciò io me li magno preventivamente, non si sa mai!!!
Ciao simpaticamente a tutti, buon appetito e buona salute nei Piccoli Paesi e stra/paesi,
Eldorado
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30 settembre 2014 at 22:29
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