Recupera / Riabita _ intervento di Paolo Saggese
Paolo Saggese
Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud
Tre proposte per il futuro dell’Irpinia: salvaguardia dell’ambiente, agricoltura di pregio, cultura come motore di sviluppo
Qui di seguito affronto in modo sintetico tre proposte per il futuro dell’Irpinia.
La prima nasce dalla necessità di difendere il territorio dell’Alta Irpinia dal progetto di sfruttamento di giacimenti petroliferi, che metterebbero a dura prova la sopravvivenza di molti piccoli paesi dell’Appennino interno.
La seconda nasce dalla necessità di promuovere l’agricoltura e le produzioni di pregio per il futuro economico delle nostre colline.
La terza nasce dall’idea forte della letteratura come strumento di crescita economica e di sviluppo dell’Irpinia.
Il bianco della neve e il nero del petrolio
La poesia annuncia la primavera, almeno nelle intenzioni dell’UNESCO, che ha dichiarato, dal 1999, il primo giorno di primavera Giornata mondiale della poesia. E così, come negli ultimi anni, anche la cultura irpina partecipa a questa ricorrenza, raccogliendo voci differenti del nostro mondo culturale attorno ad un tema d’impegno civile. Nel corso del 2013 abbiamo ripreso un motivo meridiano, anche sollecitati da Alfonso Attilio Faia, medico, intellettuale e poeta impegnato attraverso la sua azione concreta per il progresso delle nostre comunità, e che si sta prodigando, con il comitato “No petrolio Alta Irpinia”, sul tema controverso delle trivellazioni in Irpinia e nel territorio di Nusco. La questione è stata oggetto di una manifestazione, cui hanno aderito molti scrittori, poeti e intellettuali irpini e non solo, che si è svolta a Nusco il 23 marzo 2013, e che è stato un momento di riflessione sulla salvaguardia di una natura ancora in parte incontaminata e che necessita della cura costante dell’uomo[1]. Ci siamo chiesti, in particolare, quali saranno i costi in termini di rischio ambientale di un eventuale sfruttamento del petrolio in Irpinia, in un territorio a forte vocazione turistica e agricola, ricco di produzioni di qualità certificata come la castagna e i prodotti caseari, legato all’economia della montagna, costituita dal turismo ambientale, dai prodotti del sottobosco (tartufi, funghi), dalla ricchezza d’acqua che approvvigiona tre Regioni meridionali. Se questa economia e questa ricchezza venissero solo in parte intaccate, sarebbe un danno irreparabile non solo per molte comunità già messe a dura prova dalla crisi economica e da una desertificazione, che minaccia il futuro. Se le trivellazioni significano sostituire il bianco della neve, che in questi giorni ha nuovamente coperto di soffice manto le nostre colline, con il nero del petrolio, allora la voce della popolazione tutta non si farà attendere. Se lo sfruttamento del petrolio significa molti proventi a pochi e scarsi benefici al territorio, anche questa sarebbe un’ipotesi non accettabile.
La popolazione dell’Alta Irpinia vuole avere, perciò, risposte chiare, non vaghe, relative ai danni, che le trivellazioni petrolifere potranno produrre, né vuole svendere la ricchezza che ha, in cambio dei soliti trenta denari. Su questo punto, anche il Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud è sempre stato in prima linea. Con gli altri animatori del nostro “contenitore di poesia”, da Peppino Iuliano ad Alessandro Di Napoli, da Franca Molinaro a Salvatore Salvatore, ad Alfonso Nannariello, ad Alfonso Attilio Faia a Silvio Sallicandro, abbiamo testimoniato negli anni un impegno della poesia, che diviene meridiana, per le zone interne del Sud. Penso, ad esempio, alla serie di reading, che abbiamo organizzato a partire dal 2008 in difesa del Formicoso (da cui prese corpo la raccolta “Versi per il Formicoso. Raccolta differenziata”, copertina a cura di Angelo Verderosa) alle manifestazioni di poesia organizzate a sostegno dell’occupazione e per il futuro dei giovani. In quella occasione, tra l’altro, era presente anche Pasquale Martiniello, una delle voci più significative della nostra poesia, accompagnato dalla figlia Luisa, valida interprete e testimone di cultura. La sua voce, nel segno di Scotellaro e di Quasimodo, divenne testimonianza di impegno e di indignazione. Perciò, il 23 marzo a Nusco, Gabriele De Masi ha letto questo omaggio a Pasquale, che è un omaggio che tutti noi gli rivolgiamo: “A Pasquale Martiniello / Quanto più slabbra l’orlo di cucito / non riuscito al sette di calzoni segnato / tra i rovi nel fondo del campo, dove / il pallone è giunto nell’attacco oltre / libri e cappotti, labili legni di porta, / tinti di facili parole: “Passa. Bravo! Gol.” / non intessute a fili sapienti di Damasco / e d’oriente, seta, oro, argento, / gran mostra ma che non rattoppa, / così il tuo ordito tesseva la trama / di filati di strada, semplici esclamazioni, / riporti, tracce,nascoste parole sbrecciate, / sbilenche, villane, cammini irpini / che percorrevi e cedevi, come / il cardo lanaiolo che lascia al gregge / un passaggio al suo seme e in cambio / strappa un ciuffo alla corolla puntuta, / libera nell’aria, abbellita con poco / e sempre in disparte rimane fino / al sole che indugia, guardandola, / e ne fa splendore, come i tuoi versi / su, allo scaffale, per essere aperti / e volare. Illuminare”.
Allora, Pasquale Martiniello, rivolgendosi ai sindaci, intonò queste parole: “Lasciate le fasce tricolori / come spoglie di cicale al fuoco / delle stoppie se crea violenza / la legge e se lo stato dissacra / perfora e devasta ancora il seno / della nostra terra”.
Pasquale Martiniello ci insegnava che la bellezza ci potrà se non salvare, almeno aiutare. E noi siamo fortunati di poterci svegliare gustando l’odore buono della terra e i suoi colori, che danno vita.
Io mangio irpino
ovvero una risposta alla crisi
Prendendo spunto dalla recente, importante iniziativa del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina, dal titolo “iomangioitaliano”, promossa in occasione dell’ultima amichevole della nazionale di calcio italiana, si potrebbe mutuare uno slogan, che diventi iniziativa concreta, dal titolo “iomangioirpino”. Infatti, perché non immaginare una proposta a sostegno della nostra agricoltura di qualità, dei nostri marchi DOP e IGP, ma anche DOC e DOCG, dal titolo “iomangioirpino” e “iobevoirpino”, che coinvolga tutti gli operatori del settore agroalimentare ed enologico, dalle aziende agricole ai ristoratori, dai grossisti e distributori ai rivenditori al dettaglio, dagli agriturismi alle organizzazioni di categoria, ai GAL, alle aziende turistiche, alle associazioni culturali e alle pro loco e quindi alle amministrazioni comunali.
L’iniziativa dovrebbe riguardare i prodotti di eccellenza, dal tartufo alla castagna, dal vino all’olio, dagli insaccati ai formaggi e ai derivati del latte, alla pasta, senza escludere quelli della tradizione contadina e artigiana, che sono meno blasonati, ma non meno preziosi: si pensi, ad esempio, al miele, ai biscotti e ai dolci, al pane.
Una volta coinvolti i produttori, dovrebbero essere coinvolti i distributori e i commercianti, che dovrebbero esporre nei propri locali i marchi “iomangioirpino”, “iobevoirpino”, e impegnarsi a promuovere e a vendere esclusivamente o prevalentemente prodotti coltivati e lavorati in Irpinia. Queste attività commerciali aderenti al progetto dovrebbero, a loro volta, essere sostenute dalle amministrazioni comunali, con attività di tipo promozionale, con eventuali sgravi fiscali, o anche semplicemente indirizzando visitatori, turisti, emigranti in visita nei paesi d’origine, a ritrovare i sapori e i prodotti di un tempo in quei determinati negozi o ristoranti inseriti nel “sistema Irpinia”.
Ovviamente, anche per incentivare le famiglie ad acquistare prodotti irpini, questi ultimi dovranno essere venduti a prezzi inferiori che in altre parti d’Italia, per evidenti ragioni di risparmio derivato dalla riduzione ad esempio delle spese di trasporto o spedizione.
In tal modo, non solo le famiglie avrebbero benefici in un periodo di grande difficoltà economica, ma anche le attività commerciali otterrebbero analoghi benefici, perché potrebbero aumentare i loro clienti. D’altra parte, anche le aziende agricole troverebbero il loro utile, perché potrebbero incrementare la loro produzione. Un maggior numero di giovani potrebbero, così, impegnarsi nel settore agricolo e investire in settori un tempo abbandonati e adesso divenuti nuovamente appetibili, a causa della crisi del posto fisso e per effetto dell’aumento della disoccupazione.
Si tratta, evidentemente, di un progetto molto complesso, che dovrebbe prevedere il coinvolgimento ai massimi livelli di vari operatori pubblici e privati, a partire dall’Assessorato regionale all’agricoltura. Si dovrebbe, d’altra parte, superare anche il settorialismo e convincersi che la promozione di un territorio, di un “marchio Irpinia”, deve avere caratteristiche generali, capaci di accogliere il meglio della produzione locale: voglio dire che non si può solo promuovere il vino, ma si dovrebbe promuovere questo prodotto insieme a tutti gli altri.
Si dovrebbe, inoltre, fare in modo che tutte le aziende coinvolte si attengano ad un preciso disciplinario (non si può, ad esempio, spacciare per irpino ciò che irpino non è) e che garantiscano un livello standard alto per i prodotti forniti.
La sfida è complessa, ma i tempi sono maturi e ce lo richiedono: favorire l’agricoltura di qualità, sostenere il piccolo e medio commercio, la ristorazione, gli agriturismi, significa anche promuovere il turismo, invogliare le persone a venire in un luogo che è garanzia di accoglienza e di qualità.
Noi, pertanto, lanciamo il sasso nello stagno, speriamo che le onde prodotte, piccole o grandi, mettano in moto le energie di chi ha le competenze e i talenti per farle fruttare.
Francesco De Sanctis e lo sviluppo dell’Irpinia
in mostra a Roma
Da anni, almeno dalla fine del secolo scorso, un manipolo di intellettuali e di amministratori ha coltivato un’idea chiara sul futuro dell’Irpinia, ovvero che questa terra potesse trovare speranze di riscatto attraverso la valorizzazione delle risorse materiali, immateriali e umane presenti sul territorio, ottimizzando in una sinergia virtuosa il meglio che i luoghi potessero offrire. Questa è un’idea, che era stata proposta in termini diversi da Manlio Rossi-Doria nel corso degli anni Sessanta, e che poi il CRESM di Lioni, attraverso il magistero di Lorenzo Barbera, aveva fatto propria e aveva rinnovato.
Uno dei frutti più importanti di questa piccola utopia fu la progettazione e la realizzazione del Parco Letterario Francesco De Sanctis, che aveva l’ambizione di fare del grande intellettuale di Morra una sorta di testimonial di questa terra. Questo progetto, ancora in fieri, trova un punto importante di sviluppo con le giornate dell’8, del 9 e del 10 maggio 2014, che hanno previsto la presentazione del Parco De Sanctis a Roma, Piazza Firenze, nella prestigiosa sede della Società Dante Alighieri, insieme ad alcune eccellenze dell’Alta Irpinia quali la pasta di semola di grano duro “Senatore Cappelli” prodotto dal Consorzio FAI (Formicoso Alta Irpinia), il Latte Nobile del Formicoso e l’immancabile vino aglianico. La manifestazione è stata promossa, oltre che dal Parco De Sanctis e dal GAL CILSI; dalla stessa Società Dante Alighieri e dalla costituenda rete “I Parchi Letterari”.
Tra i prestigiosi ospiti si segnalano Bruno Bottai, presidente della Società Dante Alighieri, Stanislao de Marsanich, presidente de I Parchi Letterari, Agostino Pelullo, Gerardo Bianco, Pasquale Sabbatino, Toni Iermano, nel corso del primo giorno, in occasione della presentazione del Parco e della rivista “Studi desanctisiani”, e, il secondo giorno, gli onorevoli Daniela Nugnes, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania, e Maurizio Martina, Ministro delle Politiche Agricole e Forestali o suo delegato, insieme a Mario Salzarulo, coordinatore del GAL CILSI e a Gerardo Capozza, già Sindaco di Morra De Sanctis.
Questa tre giorni è stata incentrata, dunque, sulla promozione dell’Irpinia, dei luoghi desanctisiani e dei prodotti della terra del De Sanctis a Roma, così da sostenere il turismo e le produzioni agricole di qualità.
Un caso, come detto, è quello della pasta “Senatore Cappelli”, che gli stessi produttori del consorzio Fai, presieduto da Antonio Ciani, hanno promosso, combinando ricordi desanctisiani a questo prodotto di pregio. Infatti, partendo da un brano de “La giovinezza”, sono stati presentati “gli strangolapreti” prodotti con pasta “Senatore Cappelli”. Nel ricordo desanctisiano così è rievocata, infatti, una cena morrese: “La sera ci fu gran pranzo, coi soliti strangolapreti, e il polpettone, e la pizza rustica, e altri piatti di rito” (Capitolo VI, “Domenico Cicirelli”).
Altro ricordo utilizzato per promuovere il vino aglianico è presente nel Capitolo XII, dal titolo “Il colera”, dove, rievocando il ritorno a Morra da Napoli per sfuggire all’epidemia, giungendo alla “famosa taverna Santa Lucia” di Castelvetere, l’intellettuale bevve e mangiò in abbondanza una cena da bracciante, ma quei cibi semplici rifocillarono il ragazzo stremato dal viaggio: “Pane nero, formaggio piccante, peperoni gialli e una caraffa di vino asciutto furono per me un pranzo da re”.
Ebbene, quel vino “asciutto” richiama l’inconfondibile “aglianico”, celebrato oggi sulle tavole di tutto il mondo.
Insomma, le parole del De Sanctis sono utili da un lato per illustrare le bellezze paesaggistiche dell’Irpinia, dall’altro per rievocare luoghi e momenti di una storia di grande interesse per gli studiosi di letteratura, ma possono anche veicolare i nostri prodotti enogastronomici in Italia.
De Sanctis diviene in tal modo strumento di sviluppo al di là delle sue stesse intenzioni.
Ed a De Sanctis, siamo certi, tutto ciò non sarebbe dispiaciuto, perché era un intellettuale fuori dalle accademie, che amava vivere con gli uomini in carne ed ossa, con le persone semplici, e di queste condividere problemi, difficoltà, aspirazioni. Anche il grande studioso, non lo dimentichiamo, conobbe sempre la povertà, almeno a partire dal 1848, anzi la considerò un motivo di vanto. Essere poveri è una gloria, più o meno così andava dicendo, guardandosi intorno e vedendo i più ricchi e potenti corrispondere ai peggiori individui, che avesse mai conosciuto.
De Sanctis era insomma dalla parte dei lavoratori, e sicuramente sarebbe stato dalla parte dei contadini del Formicoso, che immaginano oggi di poter realizzare qui un futuro di benessere nel segno della sostenibilità e del rispetto della tradizione.
Ecco, questi appunti spero possano servire da contributo ad una discussione che diventi progetto e costrutto.
[1] Dall’iniziativa è poi nata la raccolta Terra di pane, acqua e amore, a cura di Alfonso Attilio Faia, Giuseppe Iuliano e Paolo Saggese, Delta 3 edizioni, Grottaminarda, Av, 2013.