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La sacralità del Goleto e le stupide manomissioni di chi governa il territorio.

Lo strazio senza fine _ post di Gerardo Troncone

gerardo troncone area goleto ofanto.pngGiorni fa è tornata agli onori della cronaca una pagina della lunga battaglia che da anni la Magistratura Irpina conduce, non sempre col sostegno di Istituzioni e Politica, in difesa del nostro territorio e del nostro patrimonio culturale: parliamo dell’elettrodotto realizzato da Sant’Angelo dei Lombardi che attraversa Lioni, Conza, Teora, sequestrato anni fa, in via cautelare, poiché le opere risultano prive delle autorizzazione e dei necessari pareri in materia paesaggistica.

La vicenda giudiziaria, fatta di sequestri e dissequestri, è tutt’altro che conclusa, e su di essa altri meglio documentati di noi hanno ben riferito.elettrodotto e abbazia.png

Ci limitiamo qui a porre alcune semplici domande.

Sono state eseguite le indagini archeologiche preventive prescritte per legge?

Sono stati tenuti nel debito conto gli studi in materia?

Sono state adeguatamente valutate le testimonianze materiali a tutt’oggi acquisite?

O, come spesso capita nel nostro Paese, chi doveva vigilare e tutelare, al momento opportuno si è girato da un’altra parte, o peggio?

In conclusione, come è stato possibile realizzare opere così invasive, come i grandi tralicci e i poderosi blocchi di fondazione in calcestruzzo, nel cuore di un territorio così ricco di testimonianze archeologiche?

Qui siamo nel cuore dell’Appennino Campano, un lembo di terra proteso tra Puglia e Basilicata, tra le assolate distese del Tavoliere e i terrazzamenti lucani, un punto di convergenza di ambienti differenti a stretto contatto tra loro, un crocevia naturale di raccordo e di transito, sfruttato in tutti i tempi da animali e da uomini.

Spostiamoci ancora una volta ai tempi del Paleolitico, della “pietra antica”: ai tempi in cui l’uomo viveva per alcuni in un mondo ostile e selaggio, per altri in un Paradiso perduto.

Animali come cavalli e buoi selvatici pascolavano negli spazi aperti; il cervo e il cinghiale vivevano nelle aree boschive; ippopotami stazionavano nei bacini dei fiumi Ofanto e Ufita; mandrie di ungulati si spostavano, nel corso delle migrazioni stagionali, dai pianori del Formicoso, propaggine occidentale della Puglia, al fondovalle che apre alla Basilicata.

L’uomo paleolitico, in questi scenari del tutto naturali e propizi per la sopravvivenza,

occupava la nicchia ecologica di cacciatore-raccoglitore.

Quest’area più volte fu ricoperta, durante il Pleistocene, da materiali vulcanici del vicino Vulture, la cui attività, cominciata tra 650-550.000 anni fa, si concluse 130.000 anni fa con l’eruzione che generò la caldera dove oggi sono localizzati i laghi di Monticchio.

Le coltri di ricoprimento, al pari di quelle lucane, risultano preziose per la comprensione delle testimonianze paleolitiche ad esse associate.

L’Irpinia centro-orientale, per la possibilità di conservare ancora livelli di tefra (ceneri vulcaniche) non compromessi e per i numerosi reperti paleolitici finora recuperati, rappresenta una grande finestra sul Paleolitico dell’Italia meridionale, con la prospettiva di dare risposte anche su vari periodi, in quanto l’attività eruttiva del Vulture è antecedente a quella dei vulcani campani.

I manufatti in pietra ed i resti fossili di animali rimandato a battute di caccia sulle sponde di un antico lago (il paleolago di Lioni) e dei suoi immissari, in una dinamica che coinvolgeva tutte le aree limitrofe e si dilatava alle vicine Puglia e Basilicata.

Da queste parti, come si evince dai manufatti di pietra dispersi variamente sul territorio, è più che probabile camminare su “documenti” della nostra storia più antica, impressi nei segni che i nostri progenitori ci hanno lasciato, anche se al momento solo l’occhio esperto può individuare questi reperti e cogliere i messaggi.

Ma in quest’occasione non possiamo e non vogliamo limitarci a generiche valutazioni, sia pur basate sui risultati di inoppugnabili ricerche (in primis quelle condotte da Francesco Fedele e Salvatore Forgione sul nostro territorio). Osserviamo da vicino alcune di queste preziose testimonianze.

Cominciamo dai due frammenti fossili di zanna d’elefante (o mammut) recuperati nel 1978 in località San Guglielmo al Goleto, fotografati e descritti da Salvatore Forgione, oggi custoditi dai sig.ri Di Paolo di Lioni (Forgione e Giovanniello2002, pp. 47-50). Tali reperti, di cui non è stato ancora effettuato il preciso inquadramento cronologico (che presumibilmente va fatto risalire al Pleistocene medio, 130.000 anni fa), confermano la presenza nell’area dell’odierno Goleto (corrispondente alla parte terminale nord-occidentale del paleolago di Lioni) di elefanti, animali che anche in Italia durante il Pleistocene avevano raggiunto una grandissima diffusione.

Non a caso in zone molto prossima alla nostra sono stati ritrovati importanti reperti fossili di alcune specie di elefanti, dai reti di Elephaas antiquus a Notarchirico e Loreto, presso Venosa, ai resti fossili di Mammuthus primigenius ad Acerno. Associata alla presenza degli elefanti è quella degli ippopotami, i cui resti sono stati recentemente ritrovati nella vicina Frigento, e di cui è presumibile la presenza anche nel bacino del paleolago di Lioni.

Nella stessa area del Goleto, oltre ad essere segnalati i due frammenti di zanna di elefante, sono stati segnalati numerosi manufatti di pietra formalmente paleolitici (Forgione e Soldati 2007, pag. 116 e pag. 125, fig. 23A-B).

Un’ulteriore segnalazione di importanti recuperi in superficie nell’area goletana risale al 2003, e contempla reperti litici riconducibili al Musteriano, oggi custoditi pressso la Soprintendenza Archeologica – Ufficio di Avellino (Forgione e Fedele 2008, pp. 101, 103, 267).

Un’ampia rassegna grafica dei manufatti paleolitici ritrovati a Sant’Angelo dei Lombardi, alla Località Acqua Bianca (zona ove ricade il Goleto) è stata realizzata dallo specialista Forgione, nell’ambito di una recente pubblicazione (Fedele et alii 2009, pag. 25 e pag. 27).

Queste e ulteriori segnalazioni sono recentemente state divulgate a livello mondiale dal prof. Francesco Fedele, suscitando enorme interesse fra gli specialisti del settore.

Per concludere, nel volgere di pochi chilometri nei dintorni del Goleto si potrebbe far scorrere il film di centinaia di migliaia di anni di frequentazioni di animali e uomini, favorite da ambienti sempre idonei alla sopravvivenza, in cui l’acqua era l’elemento vitale di connessione: un film che nessuno ha saputo o voluto leggere.

Quale futuro si sta “apparecchiando” per questo luogo?

Abbiamo visto che a pochi passi dalla bella abbazia del Goleto, cara a san Gugliemo patrono d’Irpinia, dove mille rivoli si uniscono a formare l’Ofanto e dove l’uomo della Preistoria ha lsciato ben visibili le sue tracce, sono impietosamente trafitti dai tralicci del grande elettrodotto.

E a pochi chilometri di distanza, dove le inquitanti bolle ribollenti dellaValle d’Ansanto ci ricordano che lì non è solo il luogo caro a Mefite e a Virgilio, ma anche un geotipo fra i più importanti al mondo, con un’emissione di anidride carbonica nell’aria mai altrove registrata, si scalpita per avviare ricerche di petrolio, poco attenti anche al grido d’allarme di chi, come il prof. Ortolani, le ha ben studiate e valutate (questo lo vedremo in una prossima puntata).

E sempre a pochi chilometri di distanza, non dimentichiamoci che ancora incombe il rischio di trasformare Pero Spaccone, al centro del pianoro del Formicoso, altro sito di importanti ritrovamenti del Paleolitico, in una discarica regionale di rifiuti.

Intorno al Goleto, il luogo sacro dell’Irpinia, vediamo avanzare un futuro che i nostri figli dovranno vivere sullo sfondo di discariche, pale ruotanti, petrolio, trivelle e, a segnare i luoghi di una storia ultramillenaria, se la Magistratura irpina perderà la sua sacrosanta battaglia, resteranno solo i tralicci dell’alta tensione.

BIBLIOGRAFIA:

FORGIONE S. & GIOVANNIELLO V. (ed.), Frigento e dintorni. Dal Paleolitico all’età sannitico-romana. Centro Documentazione ambientale Istituto Magistrale Statale G. Della Valle Ed., Frigento, Avellino.

FORGIONE S. & SOLDATI I. (ed.), 2007 – Testimonianze dell’uomo paleolitico tra Irpinia e Daunia, ITIS G. Dorso Ed., Avellino.

FORGIONE S. & FEDELE F. (ed.), 2008 – Frigento, osservatorio privilegiato sul Paleolitico della Campania interna. Amministrazione Prov. Avellino, Ed., Avellino.

FEDELE F., FORGIONE S., PICARIELLO O., TRONCONE G., (ed.) 2009 – Il Paleolitico di Perospaccone e dell’Irpinia. Archeoclub d’Italia.

Written by A_ve

17 agosto 2017 a 16:15

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