piccoli paesi

terre, paesaggi, piccoli paesi / il blog dei borghi dell'Appennino

L’Età del Treno

Written by A_ve

8 ottobre 2014 a 08:40

Pubblicato su Varie

3 Risposte

Subscribe to comments with RSS.

  1. grazie per il bel contributo, molto poetico.

    A_ve

    12 ottobre 2014 at 18:01

  2. Il treno, a mio avviso, non è un mezzo ma un luogo; l’ultimo reale approdo grazie al quale viviamo connessi (e non virtualmente) con altri luoghi ma è anche l’ultimo vero ponte di relazione con persone lontane e sconosciute. I suoi vagoni, solo apparentemente chiusi, sono il volano attraverso si apre la relazionalità. I sedili non sono un mezzo di estraniamento dove ci accomodiamo, con fare illusorio, per allontanarci dalle nostre radici (a volte scomode); guardare fuori dal finestrino è un modo per ritrovare la propria identità riconoscendoci in nuovi paesaggi che finiscono per appartenerci come se fossero il nostro punto di origine e il nostro lido di confine. In un piccolo abitacolo, in un corridoio legante gli scomparti, trasudano odori, e il confronto fra idee e sapori dilaga, mentre a ogni fermata l’abitacolo si riempie di nuovi dialoghi e pensieri; gli orizzonti sembrano inasprirsi di nostalgie lievi e oscure per allargarsi nella laguna dei sogni identitari, e tutto si trasforma in un mare di luci all’alba. Ponti, strade e canali si attraversano convogliandosi in un unico punto: quella linea ferrata che sembra sgomitolarsi rettilinea verso la stazione. Ma non conta l’arrivo e neppure la partenza: l’essenziale è il viaggio.

    magiaferrenti

    10 ottobre 2014 at 20:45

  3. Il treno, a mio avviso, non è un mezzo ma un luogo; l’ultmo reale approdo grazie al quale viviamo connessi (e non virtualmente) con altri luoghi ma è anche l’ultimo vero ponte di relazione con persone lontane e sconosciute. I suoi vagoni, solo apparentemente chiusi, sono il volano attraverso cui si dischiude la relazionalità. I sedili non sono un mezzo di estraniamento dove ci accomodiamo, con fare illusorio, per allontanarci dalle nostre radici ( a volte scomode); guardare fuori dal finestrino è un modo per ritrovare la propria identità riconoscendoci in nuovi paesaggi che finiscono per appartenerci come se fossero il nostro punto di origine e il nostro lido di confine. In un piccolo abitacolo, in un corridoio legante gli scomparti, trasudano odori, e il confronto fra idee e sapori dilaga, mentre a ogni fermata l’abitacolo si riempie di nuovi dialoghi e pensieri; gli orizzonti sembrano inasprirsi di nostalgie lievi e oscure per allargarsi nella laguna dei sogni identitari, e tutto si trasforma in un mare di luci all’alba. Ponti, strade e canali si attraversano convogliandosi in un unico punto: quella linea ferrata che sembra sgomitolarsi rettilinea verso la stazione. Ma non conta l’arrivo e neppure la partenza: l’essenziale è il viaggio .

    magiaferrenti

    10 ottobre 2014 at 20:42


I commenti sono chiusi.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: