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Pasquale Belfiore sulla ‘casa comunale di Montella’
di PASQUALE BELFIORE *
Ho letto con interesse, ma anche con inquietudine, la serie di interventi sul “caso-intonaci” esterni della Casa Comunale di Montella. Interesse, come partecipazione ad ogni evento che abbia l’architettura come cosa di cui si parla. Inquietudine, come disagio ad accettare ragionamenti e giudizi sommari su argomenti – quelli d’architettura intendo – ai quali dedico la totalità del mio lavoro universitario. Che cosa non sia andata nel verso giusto nella posa in opera degli intonaci, è problema che andrà analizzato da altri, con altri strumenti e altre attribuzioni di responsabilità. In ogni caso, non mi sembra un problema così grave e vasto da mettere in discussione la qualità architettonica complessiva del progetto e addirittura, in alcune dichiarazioni decisamente fuori le righe della ragionevolezza, l’esistenza futura stessa della Casa Comunale.
LETTERA APERTA DI DONATELLA MAZZOLENI ALLA CITTADINANZA DI MONTELLA
LETTERA APERTA DI DONATELLA MAZZOLENI ALLA CITTADINANZA DI MONTELLA
di Donatella Mazzoleni *
Care Cittadine e Cittadini di Montella,
da tempo pensavo di rivolgermi direttamente a Voi con una mia personale lettera. Sono 25 anni che il destino mi ha portato a lavorare nella vostra città sull’opera urbana più significativa, la casa Comunale, e ciò mi ha reso altamente debitrice nei vostri confronti. In questo momento, prossimo alla conclusione di una storia che si è rivelata nel tempo molto più faticosa del necessario per molte e complicate ragioni, sento il dovere di rivolgermi a Voi perché vi devo elementi per riequilibrare la diffusione di un’informazione distorta che va a vostro danno e rischia di ostacolare, questa volta ancora più del solito, il corso dell’opera a Voi dovuta.
E’ necessario che io racconti brevemente da capo una storia che forse solo alcuni ricordano, ma che sembra essere stata dimenticata da molti, ed è forse ignorata dalle giovani generazioni.
Quando più di 20 anni fa, essendo risultata vincitrice nel 1989 del concorso nazionale di idee bandito dal Comune di Montella e dalla Comunità Montana Terminio Cervialto, fui chiamata dal sindaco di Montella Bruno Fierro e mi fu offerto l’incarico della progettazione esecutiva e direzione lavori dell’opera, accettai con molto entusiasmo. Conoscevo abbastanza bene l’Irpinia pre-terremoto, con i suoi borghi-“presepe” aggrappati alle montagne, che di notte, a chi percorreva le vecchie strade di crinale o di valle, apparivano come delle galassie di stelle sospese nel buio e nel silenzio circostante delle colline e delle campagne. Conoscevo anche abbastanza bene l’Irpinia post-terremoto, che avevo percorso in lungo e in largo nei giorni e nei mesi immediatamente successivi al disastro, con i miei studenti (molti di loro provenienti da lì), e le distruzioni tragiche operate del sisma: la cancellazione totale di Conza, divenuta solo un cimitero; la trasformazione di Calabritto in un “teschio” per la scomparsa dello strato delle case, e l’affiorare sulla sommità della collina delle orbite vuote delle antiche cantine; la devastazione che aveva reso irriconoscibili Sant’Angelo dei Lombardi e Lioni… E cominciavo a conoscere anche le molte ulteriori devastazioni operate da una “ricostruzione” che procedeva in modo massiccio, con forti condizionamenti politici, su progetti spesso precipitosi, o redatti senza studio né rispetto delle identità architettoniche, urbane, paesistiche, ambientali: la cementificazione del territorio, la avventata disseminazione di costruzioni in cemento armato nelle campagne, gli innesti scriteriati di forme e tipologie edilizie estranei alla natura dei luoghi, lo svuotamento mortale dei centri storici, la perdita del “silenzio” del paesaggio…

