La costruzione dell’immagine identitaria del Mezzogiorno
La costruzione dell’immagine identitaria del Mezzogiorno _ di Mario Marciano.
La costruzione dell’immagine identitaria del Mezzogiorno, e la sua percezione, sono minate continuamente da voci e storie fondate sulla mala amministrazione, la criminalità organizzata tentacolare e una presunta indolenza dei meridionali.
Una complessità geografica, culturale ed economica, quella italiana, che ci consegna un quadro dai grandi differenziali nord-sud, con un mezzogiorno debole rispetto al resto del territorio nazionale. A questa costruzione non facile, concorrono un coacervo di fattori interconnessi che hanno bisogno di tempi e percorsi per modificarsi.
Nel sud vive più della metà della popolazione italiana, con Campania e Sicilia rispettivamente seconda e terza regione per numero di abitanti. La comunicazione non riesce a sfruttare le grandi potenzialità a disposizione del sud Italia, un caveau a cielo aperto di bellezze naturali, cultura millenaria, storia e arte in un clima favorevole.
Il meridione d’Italia ha dialogato con tutte le civiltà mediterranee diventandone la culla. Greci, romani, cartaginesi, normanni, svevi, angioini, arabi. Città, siti archeologici ed opere d’arte uniche al mondo, eppure per trovare un Museo del Mediterraneo bisogna andare a Marsiglia e non a Palermo o Napoli.
Il sud non riesce a comunicare le sue eccellenze, alcuni musei sono indietro rispetto alle nuove modalità di fruizione, sono ingessati, impolverati. Le famiglie vogliono proiezioni di video 3D, consultano siti e pagine Facebook per avere notizie del museo in modo diretto, apprezzano laboratori per bambini, presentazioni di libri, concerti, percorsi didattici. Organizzazione e comunicazione moderna e immediata dovrebbero essere le parole d’ordine.
Il ruolo che la comunicazione può svolgere è immenso, la costruzione dell’identità del Mezzogiorno passa attraverso una sua corretta gestione. Bisogna denunciare ogni utilizzo strumentale, clientelare. La comunicazione a volte diventa opaca, viene dispersa in mille rivoli si diluisce diventando inefficace. Si presta per natura ad essere il veicolo di scambi, di favori, di prebende, di promesse elettorali. Nei depositi degli Enti pubblici sono ammassati scatoloni pieni di pubblicazioni di varia natura, prodotti che spesso non rispondono ne ad una strategia ne ad una funzione.
Se non si esce da questo schema, non si approda a nessun risultato. Qualche mese fa mi è capitato di assistere ad uno spettacolo teatrale a Napoli, grazie all’amico Franco Dragone nell’ambito del Napoli Teatro Festival, del quale è stato direttore artistico ora dimissionario. Sono rimasto impressionato dalla mole di materiale stampato disponibile per un singolo spettacolo, sovradimensionato per forme e quantità, uno spreco immane. Scatoloni di cataloghi bastevoli per uno stadio erano a disposizione per una platea di un teatro.
Franco Dragone, regista e produttore dal profilo internazionale, per inciso, è stato vittima del protezionismo e del localismo napolicentrico, presto riscattato dalle sue orgogliose dimissioni. Un progetto di coinvolgimento dei territori, per portare la cultura teatrale fuori dai soliti posti, verso la gente – potremmo dire un progetto pop – si è contrapposto ad uno cultural-snob ed ha apparentemente segnato il passo, ma piccoli significativi gesti come questo hanno spesso cambiato il mondo.
Un ruolo decisivo nella nuova costruzione dell’immagine identitaria del Mezzogiorno è affidato alle nuove generazioni, le quali potranno utilizzare le grandi potenzialità di cui dispongono, frutto dei sedimenti di culture irripetibili di cui sono portatori, a patto che reagiscano anche a certe consolidate miserie.