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Recupera / Riabita _ post convegno di Nello Serra

cairano_rr.Immagine021Nello Serra, testo originario postato su FB 23 6 2014

Di rientro dal mio viaggio a Cairano, provincia di Avellino, Alta Irpinia, il tempo di fare una doccia, riposare un po’ per ritornare sul piano della realtà, dopo aver frequentato sognatori, innamorati dei loro “Piccoli Paesi” che vogliono essere recuperati e riabitati.
Recuperare-riabitare era questo il tema della due giorni cui ero invitato per parlare del mio sogno di dar vita a una comunità di accoglienza attiva, partecipativa, creativa, autofinanziata, autodiretta da volontari e dagli stessi utenti, attori protagonisti, e non ricettori passivi di servizi assistenziali.
Come dico spesso, non un progetto per l’assistenza ma per l’esistenza, un’esistenza spesso da ricostruire, dopo i danni e disastri che la vita ha prodotto; un progetto e anche un luogo in cui ogni elemento spazio temporale, fisico, emotivo, culturale sia aderente ai bisogni intimi e profondi di chi questi spazi li abita e li vive.
Confesso che ero andato per ricevere degli stimoli in tal senso e li ho avuti sentendo parlare di relazioni felicitanti e recependo messaggi su come meglio vivere i luoghi materiali e immateriali.
I luoghi dove eravamo sono quelli in cui ha deflragato, tanti anni fa il distruttivo terremoto che di ogni paese ne ha fatti due, uno abbandonato e l’altro, quello nuovo, senza storia e identità.
I cairanesi non si sono dati e non si danno per vinti. Uno di questi, Franco Dragone, è quello che ha organizzato la coreografia dei mondiali di calcio del Brasile, tanto per dare un’idea dello spessore del personaggio, aiuta il suo paese, di trecento abitanti, a non morire, anzi a vivere una nuova dimensione che inizi a scardinare ciò che ci ha rovinati, ossia, la corsa verso una vita del tempo veloce che tutto brucia e consuma, anche l’anima.
Ho incontrato tanti “matti” come me, ne cito qualcuno, così come mi vengono; uno si chiama Antonio Vespucci, che qualcuno ha definito gastronauta, astronauta della gastronomia,il quale ci ha regalato una notizia che piacerà ai frati cappuccini di Acri e ai devoti del nostro Beato Angelo, un miracolo dimenticato, di cui esiste un atto notarile risalente al 1796; folli felici, felicitanti mi sono sembrati Angelo Verderosa, Lillino che di professione fa l’architetto ed è impagabile organizzatore e Dario Bavaro, grande animatore dell’evento, tanto espressivo e affabile da sembrare un prestigiatore con la sua gestualità armoniosa e la parola che ammalia, non a caso dirige un teatro importante come quello di Avellino.
Con me erano visionari, innamorati folletti; il veterano si chiama Luigi Pucciano, è di Serralonga, da tantissimi anni vive e lavora in Olanda e d’intorni, ora vuole tornare sugli appennini, facendo base al suo natio paese che è Acri; Luigi è un pezzo di pane, uno che si è fatto le ossa fuori e ora vuole mettere al servizio della sua comunità ciò che ha imparato; la sua qualità più grande è di essere tessitore di rapporti fecondi e solidali, uno che vede prima il bene degli altri, uno che è facile ingannare perché non mette mai griglie e paletti, salvo prendere le misure in seconda battura; è per lui che sono andato a Cairano, della cui esistenza non sapevo neppure il nome, di questo lo ringrazio.
C’era Maria Alice, una geologa, è il colmo che una persona preparata come lei lavori poco, avendo studiato una disciplina per niente facile, una disciplina che è cenerentola delle professioni e poi ci lamentiamo se il terreno e le case franano.
A lei dobbiamo se ci siamo guadagnati una notizia persa tra le carte che parla, con dovizia di particolari, di un miracolo di Luca Antonio Falcone, il Beato Angelo d’ Acri!
C’erano Domenico, un giovane ingegnere, uno a cui non piace apparire, con basi solide e promettenti, uno da retrovie che, però, fa arrivare i rifornimenti a chi combatte in prima linea, a lui devo se ho potuto viaggiare senza pacchi e senza valigie; c’era Daniela Natalini, una giovane architetta che ha presentato, ben figurando, un progetto sulla ristrutturazione del quartiere Picitti di Acri, frutto della sua tesi di laurea.
Questo pool di tecnici è una risorsa per me e la comunità Don Milani dove vogliamo armonizzare gli spazi fisici con il progetto umano e sociale.
Colgo l’occasione per invitare altri a farsi avanti che siano scrittori, poeti, pittori, scultori, architetti poco importa, purché motivati a regalarci un’idea, uno schizzo, un abbozzo, un sogno da realizzare.
Non potrei non accennare a Stefania Emmanuele di Civita, un’altra sognatrice che sulla valle Raganello sta realizzando un eco-museo, anche lei sarà nel nostro progetto di bellezza e solidarietà insieme.
Come si conviene ad una nota che non può essere molto lunga cerco di sintetizzare quest’esperienza che mi ha arricchito e rinvigorito. Pensavo di dover relazionare sulla bachicoltura, invece, ho potuto improvvisare discorsi sul vivere, sull’ essere, sull’ agire, come fossi invitato a un cenacolo di esistenzialisti positivi; invece era una folla di folli che si mettono in gioco, giocando con la vita.

Written by A_ve

25 giugno 2014 a 09:17

Pubblicato su Varie

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