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L’Irpinia, il progresso e la felicità: incontro con il premio Nobel Frank Wilczek

L’Irpinia, il progresso e la felicità: incontro con il premio Nobel prof. Frank Wilczek (dall’Irpinia al MIT) _sabato 23 marzo 2013 al Liceo De Sanctis di S.Angelo dei Lombardi

di MARIA STANCO per8992  TUSINATINITALY    _ _ _  I minuti che precedono l’intervista con un Premio Nobel non sono mai semplici. L’idea ricorrente è quella di trovarsi di fronte una persona fredda, un uomo tutto d’un pezzo, figlio di una disciplina completamente differente dalla tua. I premi Nobel per la fisica li immaginavo scostanti, chiusi nei loro pensieri ‘matematici’, sempre diffidenti nei confronti di chi, come me, quotidianamente vive di parole. Frank Wilczek è docente presso il Massachusetts Institute of Technology,è uno studioso di fama mondiale ed uno dei Fisici maggiormente apprezzati del pianeta. E’ a Sant’Angelo dei Lombardi ospite della Fondazione Officina Solidale Onlus e del Liceo Scientifico ‘De Sanctis’ dove questa mattina terrà una Lectio magistralis interamente dedicata agli studenti. L’ansia dell’incontro non si placa nemmeno quando stringo la mano della sua signora, una donna sorridente che di mestiere fa la giornalista e che, insieme a Wilczek ha scritto più di un libro. E’ lei a presentarmi il marito e il premio Nobel per la Fisica del 2004, sorridendomi, spazza via immediatamente ogni preconcetto.
Quello seduto di fronte a me è un uomo affabile e spiritoso, impressione confermata dalla straordinaria cravatta che indossa. Mi era capitato di vedere di tutto ma, l’uomo Vitruviano di Leonardo su una cravatta davvero non l’avevo mai visto. “…a tribute”, mi dice quando si accorge della mia curiosità… “per l’Italia!” aggiunge nella nostra lingua.

-Prof. Wilczek, benvenuto in Irpinia: la terra dei suoi avi. Sua madre le aveva mai descritto questi luoghi? Che emozione è stata tornare nel suo paese d’origine?

E’ stato certamente un viaggio pieno di emozioni ma anche molto faticoso. Ho letto tanto su questa terra e sull’Italia in generale ed ho sempre avuto una grossa curiosità rispetto alle mie origini e domani (oggi per chi legge, ndr) avrò modo di esplorarle meglio! Per adesso la migliore accoglienza è stata trovare un cielo tanto sereno, a casa mia c’era la neve. Verranno meglio le fotografie, ho promesso alle mie zie di scattarne molte.

-A tal proposito, Lei è figlio di emigranti. I suoi nonni materni hanno lasciato l’Italia in cerca di fortuna all’inizio del secolo scorso. Rispetto ad allora oggi esiste un altro tipo di emigrazione che coinvolge soprattutto i giovani laureati, in particolar modo chi, come Lei si occupa di scienza e di ricerca. Come saprà, questa nazione, negli scorsi anni, ha dedicato ben poche risorse a questo tipo di attività…

Sa cosa credo? Che quella di andare via o restare sia una scelta del tutto personale. Mi spiego. C’è anche chi accetta di restare e spendere la propria professionalità in Patria con risorse minime. Penso anche che, in qualche modo, la bellezza di questa terra possa compensarne i difetti, questo potrebbe essere un incentivo a restare… Al contempo, però, sono convinto che il confronto sia la base per la crescita. Studiare o lavorare fuori dai propri confini non deve essere considerata una ‘sconfitta’ ma al contrario un arricchimento. Bisogna sempre allargare i propri orizzonti.

-Ho letto che, nonostante la sua lunga carriera, Lei sta ancora inseguendo questi ‘orizzonti’, non ha mai smesso di studiare ed approfondire. Dove trova gli stimoli giusti?

Non ho bisogno di grandi stimoli: questa è semplicemente la mia vita. La voglia di studiare, di conoscere e di imparare è innata, è qualcosa che mi viene naturale.Trovo ogni giorno gli stimoli nell’incontro con persone diverse, nella voglia di aprirsi agli altri. Il progresso, lo studio e l’approfondimento portano sempre alla felicità.

-La prossima domanda si lega alla precedente, ed insisto: come è riuscito a ‘ripartire’ dopo il Premio Nobel che è, senza alcun dubbio, la vetta più alta che può raggiungere uno scienziato?

(Ride) Beh semplice, quel premio mi è stato conferito per un lavoro fatto tanto tempo fa, era l’apice di quel preciso percorso. Ne ho già intrapreso un altro!

-Scusi se faccio un altro passo indietro ma ho notato che è riuscito a mettere nella stessa frase due parole tanto diverse tra loro che fanno capire come convivano bene in lei l’ uomo e lo scienziato: ‘progress’ e ‘happiness’…

Sono fortunato. Riesco ad unire bene le mie due anime ed è merito delle persone che ho intorno, della mia famiglia, dei miei amici e di chi ogni giorno mi invoglia a fare meglio. Adesso, ad esempio, sto studiando gli stimoli sensoriali, il nostro cervello è molto interessante. Capire queste cose, si… mi rende felice.

-Torniamo alla sua infanzia. Ho letto che lei, da bambino era molto credente, i suoi genitori le avevano dato un’educazione cattolica, in merito a ciò ha dichiarato che :”Sotto l’influenza degli scritti di Russel e dei miei studi ho perso la fede nella religione ‘convenzionale’. Ho cercato, negli anni successivi di recuperare un pò di quel senso e di quel significato che avevo perso. Sto ancora cercando”.
Ecco, volevo chiederLe, a che punto è questa ricerca?

(Ride) Questa è una domanda difficile. Sono molto cambiato da quando ero bambino, allora ero molto più astratto. Sono cambiate le mie convinzioni, le mie idee ma soprattutto è cambiata la mia conoscenza del mondo. Ora, tutto ciò che vedo, è filtrato dagli occhi dello scienziato per cui la mia gioia e la mia pace si traducono essenzialmente nella conoscenza. Credo fermamente una cosa però: due strade possono anche essere diverse tra loro, possono non incontrarsi mai ma possono convivere ed integrarsi alla perfezione anche se non parleranno mai la stessa lingua.

-Professore, quando incontrerà gli alunni dell’istituto De Sanctis quale messaggio vorrebbe lasciargli?

Vorrei dire loro di essere sempre curiosi e di cercare di arricchire il loro essere, non come scienziati ma come persone. Ecco, questo vorrei dirgli.

Saluto il professore con la certezza di aver appena parlato con un uomo assolutamente straordinario. Gli dico in inglese un timido “Buonasera, ci rivedremo domani” e lui in un orgogliosissimo italiano mi risponde “Che bello, grazie, ciao, buonasera” come se volesse sfoggiare ogni piccola conoscenza acquisita della nostra lingua. Uscendo dalla stanza penso a come raccontare questo incontro e non mi viene niente di meglio da dire se non: oggi sono davvero orgogliosa di essere irpina.

Written by A_ve

28 marzo 2013 a 14:14

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