Franca intervista Franco
Intervista a Franco Arminio _ di Franca Molinaro
Il 4 dicembre fui invitata dal direttore dell’Università Popolare Irpina, dott. Michele Ciasullo, a presentare l’ultimo libro del “paesologo” Franco Arminio. Mi misi in cerca del libro e cominciai a chiamare le librerie per sapere dove si poteva comprare, ad un numero al quale chiamai fui aggredita dall’altro capo del telefono da una persona estremamente arrabbiata che mi disse queste precise parole: “Non ce l’ho il libro e non voglio averlo”. Accidenti, pensai tra me e che ha scritto mo’ ‘sto poverino per meritare questo. La cosa mi incuriosì e mi feci mandare alcune recensioni ma non le lessi, non volevo farmi influenzare da altri giudizi così mi feci prestare il libro da qualcuno che lo aveva già letto. Il testo è una bella raccolta di racconti pubblicati dalla Mondadori, è intitolato “Terracarne” come a confondere il suolo natio con lo scrittore stesso. Avevo letto qualcosa di lui e non mi aveva ispirato molto, lui corre da un paese all’altro raccogliendo poche impressioni, concentrandosi a volte su sé stesso a volte su particolari che lo colpiscono mentre io mi fermo a lungo in un luogo, incontro le persone, studio la vegetazione, godo il paesaggio. Dopotutto sono attività differenti, io mi occupo di ricerca e di questa approfitto per un cammino mio interiore, lui è uno spirito libero e solitario.
Ho trovato questo nuovo lavoro di Franco più piacevole, la bella vena poetica è messa meglio in evidenza e la bravura della sua penna si rivela subito. Finalmente la sera della presentazione: Michele ci presenta come due tra i quali c’è un grosso attrito, noi ci guardiamo in faccia come per scrutarci e conveniamo che non ci odiamo affatto. Michele incalza dicendo che sotto sotto ci vogliamo bene, al che Franco risponde che non ci dobbiamo voler bene necessariamente. Penso: “Io voglio bene ad ogni essere vivente ma se lui non vuol esser voluto bene da me non è affatto un problema”. Leggo i primi righi:”La paesologia non è la paesanologia, non è idolatria della cultura locale”.
Domanda: “Spiegaci meglio il concetto di idolatria della cultura locale e del termine paesanologo”. Ho la sensazione che il secondo termine sia usato spesso, nel libro, con un che di spregiativo come a dire cose di paese, borghigiane, da etnografo mi sento chiamata in causa. Lui spiega che ha rispetto per questo tipo di scrittura a meno che non si tratti di grosse cantonate prese dagli autori. Perfettamente d’accordo allora, andiamo avanti. A Tricarico lo scrittore incontra un uomo al quale chiede informazioni, questi lo accompagna parlando in modo quasi incomprensibile infastidendolo.
Domanda: “Non hai fatto nessuno sforzo per capire l’uomo come puoi capire il paese se non entri in sintonia con chi lo abita? Il paese non è fatto solo di case ma anche di persone!” Risposta:”Ma quell’uomo era un pazzo, io parlo sempre con i vecchi.” Bene, andiamo avanti. Andando ad Acerenza scrive un solo rigo sulla cattedrale: “Di fronte alla cattedrale resto un po’ deluso. Forse non c’è la luce giusta.”
Domanda: come sei potuto restare indifferente di fronte ad un monumento di quella portata, architettura unica nel suo genere in tutto il Sud Italia, a me fece venire i brividi la prima volta che la vidi?” La cattedrale ha un altare sopraelevato al quale si accede tramite una dozzina di scalini, una sorta di percorso ascensionale per raggiungere la divinità. Risposta: “E’ troppo pubblicizzata e le cose pubblicizzate non mi dicono nulla e poi non sono un agente del turismo non sono pagato per questo, ho però parlato dei campi arati”. Visitare il cimitero di un paese è importante per Franco ed io lo prendo in giro dicendogli che sarebbe meglio incontrare i vivi per costruire il futuro. Lui mi guarda sbalordito e dice che la domanda non mi fa onore e che non ha paura della morte, porta al cimitero i bambini a cui insegna e loro ne sono soddisfatti. Concludo che è questione di punti di vista, io sono per la cremazione per affidare alla terra la mia cenere. Nel libro cita una pittrice alla quale fa visita ma non si pronuncia più di tanto e asserisce che è di cattivo umore e non è propenso alla conversazione.
Gli chiedo perché ci è entrato se non voleva chiacchierare, spesso gli capita di non essere propenso alla conversazione. Mi risponde che lui è così e poi non deve parlare per forza con tutti, non è pagato per questo e poi non gli piace chi si mette ad elencare i propri meriti, ama le persone modeste. Leggo una bellissima poesia che richiama la natura, i primi versi recitano: “Io non c’entro molto con quello che sono e quello che faccio.”
Domando con tono di sorpresa: “Versi bellissimi, poesia struggente ma perché non c’entri niente con quello che sei, forse non sei responsabile di te stesso?” Qui lo scrittore si inalbera e mi risponde con tono dispregiativo: “Ma allora tu non capisci niente di letteratura e non offenderti! Solo Berlusconi è patrono di se stesso” Risposta: “No, non mi offendo come tu non ti offenderesti se io ti dicessi che non capisci niente di ricerca!” Risposta: “No non mi offenderei”.
Allora mi nomina diversi illustri personaggi del passato compreso Froid per dirmi che la scrittura è liberazione dell’anima, è comprensione di se stessi, lo scrittore è tale quando si libera completamente. Riflessione: “Hai perfettamente ragione, la scrittura è comprensione di se stessi, attraverso di essa lo scrittore compie un viaggio introspettivo, cresce interiormente, matura e perseguendo questo cammino raggiunge la serenità interiore. Risposta: “Non sono mica un santone che debbo scrivere un libro di questo genere.”
Qualcuno dal pubblico gli fa intende che dovrebbe occuparsi delle problematiche del momento. Gli corro in aiuto ribadendo che lui denuncia continuamente le negatività, anzi, forse fa solo quello senza interessarsi a quanto succede di buono e di valido intorno a lui, senza citare le forze positive che si levano da ogni angolo dell’Irpinia. Mi risponde ricordandomi il suo impegno per il Formicoso, dove non mi ha vista, ma nemmeno io l’ho visto in altri posti dopotutto l’Irpinia è tanto grande e in ogni angolo c’è un focolaio di coscienze in fervore.
Conclude alzando la voce e dicendo che lui è uno che non ha mai fatto compromessi politici, che non andrà mai via dall’Irpinia ma non ha avuto nulla da essa, è apprezzato a Milano ma non qui.
La serata si conclude con le considerazioni del sindaco di Flumeri prof. Rocco Antonio Giacobbe che apprezza il nostro spirito battagliero, proprio degli Irpini. Personalmente rientro con un po’ di amarezza, Franco è una gran bella penna e può portare il nome della nostra terra a livello nazionale, peccato che, insieme a tutte le negatività che vi si annidano, non riesca a vedere le forze positive e propositive che si adoperano non per protestare ma per costruire.

cara franca, con tutto il rispetto, a ripetere ovvieta’ non occorreva scomodare un franco arminio, bastava benissimo lei da sola
sergio gioia
10 gennaio 2012 at 16:04