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Rouge: l’unico punto rosso dell’Alta Irpinia
Rouge: l’unico punto rosso dell’Alta Irpinia (di Lucio Garofalo)
A proposito del “Sessantotto spiegato a” chi, evidentemente, non l’ha capito, malgrado l’abbia vissuto in prima persona, nei giorni scorsi qualcuno ha scomodato persino la memoria storica degli “espropri proletari di Lotta Continua”, che probabilmente rappresentano un argomento un po’ eccessivo e generico. Tuttavia, rimanendo in tema di rievocazioni del passato che, a quanto pare, non insegna molto nemmeno a chi l’ha vissuto direttamente (Gramsci diceva “la storia è maestra, ma non ha scolari”), mi è subito saltato alla mente il periodo delle cosiddette “radio libere”, quando a Lioni era molto attiva un’emittente radiofonica denominata RPL (acronimo di Radio Popolare Lioni), il cui slogan era “Radio Popolare Lioni: l’unico punto rosso dell’Alta Irpinia”.
Ebbene, se non ricordo male (qualcuno provvederà a rettificarmi o smentirmi, se occorre) i locali che all’epoca ospitavano la Radio erano occupati “abusivamente”, come i pagamenti delle varie bollette di luce, acqua ecc. non erano sempre in perfetta regola.
Potremmo dire di aver lottato
di Emanuela Sica
Permettetemi di cucire, sul vessillo di quest’Irpinia malconcia, il preambolo della Dichiarazione di Indipendenza Americana del 1776: “Quando, nel corso delle vicende umane, diventa necessario per un Popolo sciogliere i legami politici che lo hanno vincolato ad un altro ed assumere il rango eguale e separato al quale le leggi di Natura e la natura di Dio gli danno diritto tra le potenze della Terra, il rispetto del giudizio del genere umano richiede che esso dichiari le ragioni che lo spingono alla separazione.”
Quali parole, se non queste, meglio identificano lo stato delle cose? Una lunga serie di usurpazioni, sottomissioni, abusi, dileggi, dispotismo, hanno mirato a ridurre l’Irpinia in ginocchio. L’hanno sventrata, scarnificata, dissanguata, riducendo nel nulla le potenzialità esistenti.
Non bastava l’atroce ferita del terremoto, ne eravamo usciti malconci si ma vivi, consapevolmente ancorati ai nostri territori. Eppure, se non c’è mai limite al peggio, ecco che la politica malsana ha continuato nel compito che si era prefissato, ridurla all’estrema agonia, fare scempio di questa terra.
L’Irpinia è la terra dei nostri natali, dei nostri avi. E’ quel paesaggio che ha fatto da cornice alla costruzione della nostra infanzia e di tutta quella vita che ci era stata data da vivere. L’aria che respiriamo è un connubio di ossigeno, vento e dedizione. Dalla sua fecondità naturale, dai villaggi, dalle valli e dalle montagne che la popolano, abbiamo preso il tratto sanguigno che ci appartiene come tratto idiomatico di distinzione. Da quel guizzo di sangue pulsante e vivido vogliamo trarre l’ispirazione, inarcare la schiena, riprenderci la linfa, dare vigore alle nostre radici per avvilupparci e tenerci stretti il presente, proiettati a vivere meglio il futuro.
In questa lenta agonia, in cui ci hanno relegato le classi politiche che si sono susseguite, non vogliamo continuare a vegetare.
Le nostre richieste sono state disattese totalmente, anzi hanno ottenuto come risposta un continuo reiterarsi di offese, sino ad arrivare alla distruzione totale del nostro habitat naturale. Chi vuole costringere una terra ed i suoi figli a morire lentamente non avrà mai più la nostra partecipazione assente. Le continue angherie hanno reso riconoscibile il nemico, questo tiranno che ha non una ma mille facce. Sappiamo bene chi è e lo vogliamo sfidare.
Per questo, oggi diciamo basta alla logica del palazzo e riprendiamo coscienza.
Oggi ci separiamo dalla politica del qualunquismo e del voto di scambio come vincolo di sottomissione ai poteri della casta.


