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Risposta ad una lettera di un molisano che si è sentito abbandonato e isolato in mezzo alla neve

di Luciana Cerreta _ Risposta ad una lettera di un molisano che si è sentito abbandonato e isolato in mezzo alla neve.

Ciao Marcello, sono un’amica di Elvira che mi ha segnalato la tua lettera, l’ho letta con molto interesse e ho scoperto che non siamo soli, voi siete come noi, noi siamo il vostro specchio; noi siamo gli Irpini e i Sanniti. Siamo sommersi dalla neve, siamo isolati, abbandonati, rinchiusi nelle nostre case e con il cibo che scarseggia. Fuori nevica ininterrottamente da giovedì scorso, ci sono luoghi inaccessibili anche allo spazzaneve; ci sono animali che muoiono, uomini in difficoltà, donne disperate perché sole, anziani che da giorni non escono di casa. Ecco c’è tutto questo e nient’altro. Il nulla oltre la solitudine.

Nessun telegiornale si è occupato del caso Irpinia, come se l’Irpinia non esistesse, non fosse Italia; questo non deve sorprenderci se lo stesso presidente della regione Campania, Caldoro, ha detto ai microfoni di una certa trasmissione che in fondo da noi ci sono solo pochi centimetri di neve e che essendo in montagna siamo abituati a conviverci. VERGOGNA.

Solo oggi, dopo SETTE giorni il tg1 ha parlato dell’emergenza, dopo che la gente ha capito che oltre alla propria forza, oltre alla solidarietà dei più forti verso i compaesani più deboli non c’è altro, non dobbiamo aspettarci altro. Noi siamo i Quasi Italiani, quelli che cioè sono italiani quando devono pagare le tasse, sono altro quando devono ricevere aiuto. Ma in fondo come avercela con le grandi testate nazionali se abbiamo un presidente della regione che ignora il dramma in cui da giorni vivono i suoi corregionali? Ognuno ha quel che si merita? No caro Marcello no, non ci meritiamo questo rappresentante inesistente che se ne sta comodo nel suo ufficio di Napoli, non meritiamo l’assoluta indifferenza, l’Irpinia è la terra dei lupi, orgogliosa, tenace, forte. L’Irpinia è la terra di chi si alza presto al mattino con la neve che è ormai alta un metro e cerca un metodo per andare a lavorare, cerca il modo per scaldare i figli; soli, lasciati soli perché gli Irpini forse dal troppo orgoglio non sono abituati ad alzare la voce, chinano la testa e spalano e spalano e salvano quello che possono e si aiutano gli uni con gli altri. Siamo i Quasi Italiani, gli stessi che se malauguratamente qualcuno dovesse cadere sul ghiaccio ed essere costretto a cercare un pronto soccorso deve guidare per quasi 90 km prima di trovare un ospedale attrezzato adeguatamente, ma oggi non si può neanche guidare perchè l’arteria principale, quella che conduce agli ospedali non è percorribile. Oggi non possiamo permetterci il lusso di avere bisogno di cure urgenti, dobbiamo ordinare al nostro corpo di avere cura di se stesso, di non ammalarsi, di non rompersi. Noi siamo i tanti paesi, piccoli, arroccati, denudati della propria dignità da una emigrazione spietata ma necessaria, ma siamo pure quelli che lottano per salvare il salvabile, per non chiudere definitivamente le porte dei nostri piccoli mondi.

Caro Marcello nel deserto della solidarietà istituzionale fattiva non siete soli….mentre a Roma tutto è pronto per prevenire un ennesimo disastro causato da ben 5 centimetri di neve caduta, mentre la capitale si prepara a combattere la sua inspiegabile inadeguatezza noi continuiamo a spalare e a sperare che dopo sette giorni la neve smetta di cadere.

Written by A_ve

9 febbraio 2012 a 22:54

Pubblicato su Scrittura

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Una Risposta

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  1. Non ho il piacere di conoscere Luciana ma il suo scritto mi conferma ancora una volta di quanto siamo considerati “inutili” in questa Italia progressista che non riesce a guardare oltre le proprie mediocrità. La rabbia che trasuda lo scritto di Luciana è la rabbia che ogni irpino degno di questo nome ha nel cuore. La Regione Campania dovrebbe fare a meno dei luoghi e delle popolazioni che non sa curare. Abbiamo due strade dinanzi a noi, una, quella che porta a palazzo Santa Lucia dove ovviamente Napoli fa la parte del leone per poi puntualmente trasformarsi in coccodrillo e mangiare i propri figli, oppure cercare di fuoriuscire dalla Campania unendosi alla Basilicata che come noi è una Regione il cui territorio e la cui gente è certamente più vicina a noi di quanto lo siano Napoli e la maggior parte della gente che abita la costa tirrenica campana. Il dolore maggiore proviene dal fatto che il signor Caldoro e i suoi accoliti si stiano comportando verso la nostra amata terra con una perseveranza al peggio che non ha fine. Chiusura degli ospedali in una zona dove certamente muoversi non è come muoversi a Napoli e provincia, chiusura della antica e storica ferrovia Avellino Rocchetta Sant’Antonio proprio nel momento in cui una manciata di appasionati erano riusciti a trasportare a pagamento tremila persone in meno di un anno e si avevano richieste di partecipazione da tutta Italia, inoltre si era già programmato una serie di viaggi dedicati alle scuole, a questo aggiungete che la nostra “Regione” non fa nulla contro lo scippo delle acque prelevate direttamente alle sorgenti dei fiumi, forse perchè anch’essa si sente parte in causa per il prelievo della migliore acqua irpina che arriva direttamente dalle sorgenti del fiume Sabato a Napoli, ( ricordo che la Regione Puglia sta completando i lavori per il raddoppio della galleria Pavoncelli, per poter avere maggiore capacità di prelievo dalle sorgenti del fiume Sele, che diventerà un rigagnolo), una Regione incapace di creare collegamenti diretti tra le grandi linee ferroviarie e le zone interne, Avellino ha una bellissima stazione assolutamente non collegata a Napoli o a Salerno, vi sembra una cosa normale ??? Chiediamo conto di queste cose, e il gran peccato e aver dovuto constatatre che una delle poche cose belle nate in Irpinia negli ultimi decenni è naufragata intorno ai soliti personalismi del chi sono io e chi sei tu. Comunita Provvisoria era il raggio di sole che poteva scaldare la nostra voglia di insorgere civilmente in nome di una cultura del vivere le zone interne con dignità e amore. Io continuo a credere e a sperare, chi come me ha ancora un lupo dentro lo tiri fuori e lo faccia ululare, il richiamo discenderà dai pendii nevosi fino al mare in nome di una cultura contadino – pastorale che deve essere motivo di orgoglio ed appartenenza ad un popolo di uomini e donne fattivi che chiedono solo di essere trattati come gli altri abitanti della stessa Regione.

    Avatar di giovanni ventre

    giovanni ventre

    11 febbraio 2012 at 10:48


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