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Quando l’antimeridionalismo diviene banale

Aldo Cazzullo / Quando l’antimeridionalismo diviene banale _ di  Paolo Saggese

 Ci sono pochi libri per i quali ho rimpianto i soldi che ho speso. Questo rimpianto è stato cocente dopo la lettura di “L’Italia de Noantri. Come siamo diventati tutti meridionali” (Mondadori, 2009) , un libro di Aldo Cazzullo a tratti banale, a tratti ingiusto, a tratti discutibile, che non ha un filo logico rigoroso, e che è intriso di un generico moralismo, incapace di andare oltre l’ovvio e i luoghi comuni.

Lo dico con dispiacere, perché rispetto il giornalista Aldo Cazzullo, e perché credevo fosse capace di andare oltre stereotipi e semplificazioni.

La teoria generale del lavoro è la seguente: l’Italia vive un periodo di grande crisi morale (ma no!), che pervade tutti gli strati sociali e che riguarda l’intera penisola, dal Nord al Sud senza eccezioni. La Cultura con la “c” maiuscola è appannaggio di pochi, gli altri (“noantri”) vivono di televisione, di volgarità, di assenza di ideali e di valori. Ci sono tante ombre che oscurano il panorama nazionale, poche luci. Roma o Milano o Napoli, sono tutte città al collasso, dominate da una sorta di plebe incivile che sono i nostri connazionali, desiderosi di denaro e potere, incapaci di lavorare, anzi scansafatiche, imbonitori, mediocri. Una “mentalità mafiosa” ha logorato e “conquistato” tutto e tutti. Sin qui, è chiaro, siamo d’accordo con lo scrittore: il quadro nazionale è desolante e i moti d’orgoglio, che Cazzullo sul finire del 2009 non poteva prevedere e che hanno caratterizzato gli ultimi mesi della vita politica e pubblica italiana, non modificano se non in parte un panorama sconfortante.

Completamente discutibile, piuttosto, è la ricerca e l’individuazione della causa di tale involuzione culturale e morale. Il sottotitolo diviene subito chiarificatore: “Come siamo diventati tutti meridionali”. Anche la figura di Pulcinella presente sulla copertina, mentre ancheggia probabilmente una tarantella con in mano un cellulare, lascia pochi dubbi, insieme ai capitoli “La capitale de noantri” e “La meridionalizzazione del paese”. Insomma, l’Italia è quella che è per colpa dei meridionali e dei romani, che avrebbero esercitato una egemonia culturale tale da corrompere con il passare del tempo il resto della nazione ed “imporre” la loro “cultura”, che si fonderebbe su “uno stile di vita rilassato, a volte indolente, poco disposto al sacrificio, poco interessato al bene comune” (p. 42).

Ci risiamo con i luoghi comuni, con gli stereotipi, con i pregiudizi, secondo i quali il meridionale sarebbe, necessariamente e sicuramente, uno scansafatiche, imbroglione, per natura incapace di rispettare le regole, se non mafioso potenzialmente tale.

Prima di continuare l’analisi, è opportuno, tuttavia, lasciare la parola ad Aldo Cazzullo, perché i pochi lettori, che vorranno andare a comprare il libro sappiano a cosa andrebbero incontro: “C’era una volta un Nord virtuoso che il Sud ha contagiato?”, si domanda lo scrittore. E aggiunge: “Il Meridione genera mostri che poi si sono impadroniti del resto del paese?” (p. 42).

Aldo Cazzullo si pone queste domande e sembra dare una risposta negativa, ma ecco come continua: “Non dico questo. Dico che Roma e il Sud, sempre più simili tra loro, hanno acquisito una centralità, imposto un’egemonia culturale, innestato sul particolarismo diffuso anche al Nord uno stile di vita rilassato, a volte indolente, poco disposto al sacrificio, poco interessato al bene comune. Uno stile di vita che ha agevolmente prevalso, secondo la legge naturale per cui la moneta cattiva caccia la moneta buona; sempre che al Nord circolasse moneta buona, e non sia invece vero che da tempo l’Italia si assomiglia più di quanto crediamo”.

Subito dopo, rendendosi conto che rischia di apparire leghista, Aldo Cazzullo ritorna indietro sui suoi passi: “Ma non penso affatto, con i leghisti, che una parte malata della nazione abbia contagiato quella sana. Semplicemente, credo che l’unificazione sia davvero compiuta, che l’Italia oggi sia finalmente una, nel bene come nel male” (p. 42).

Insomma, Cazzullo dice e non dice: i meridionali e i romani sono la “moneta cattiva”, ma subito dopo non lo sono più, hanno esercitato “un’egemonia culturale” corruttrice e poi non più, è vero quello che dice Bossi ma subito dopo è smentito dallo stesso autore. E allora, se Cazzullo era così incerto, perché il sottotitolo “Come siamo diventati tutti meridionali”? Perché quei titoli a capitoli?

Ad essere maligni, si può ipotizzare che per vendere un libro non riuscito si sia scelto di forzare una tesi inconsistente e indifendibile, a scapito, ovviamente, sia della credibilità del giornalista sia della verità della storia.

Caro Cazzullo, il Sud non può esercitare nessuna egemonia culturale, perché non ha nessuno degli elementi per poterlo fare, e tu lo sai fin troppo bene. È vero, d’altra parte, i meridionali non brillano per senso civico e per rispetto delle regole, ma se lo stesso “difetto” lo hanno anche molti italiani del Centro e del Nord, la colpa non è dei meridionali. Caro Cazzullo, è vero, il Sud ha tanti problemi e tante colpe, ma, per favore, non accusarci anche delle colpe che non abbiamo. Cerca, insomma, di non usare il termine “meridionale” come se fosse sinonimo di “incivile, barbaro, fannullone, malvivente, camorrista, mafioso”.

È vero, al Sud ci sono tante piaghe, che ci assillano, che rendono la vita impossibile per primi ai meridionali, è anche vero che dobbiamo avere più forza e più coraggio di opporci allo sfascio che sembra sovrastarci. Ma l’immoralità del Nord dipende dal Nord, quella del Centro dal Centro, quella del Sud dal Sud.

La verità è che una società ingiusta come la nostra italiana, che premia la furbizia, la bassezza, la volgarità, la prostituzione, e non la cultura, il merito, il lavoro, corrompe tutti, a Nord come a Sud, e di questo siamo colpevoli tutti, perché subiamo questo mondo assurdo e meschino a Napoli come a Roma come a Torino. I giovani, ad esempio, perché dovrebbero studiare in un mondo dove i figli di papà o le escort o i corrotti guadagnano dieci, mille volte quanto chi fa il proprio dovere. Come ci insegna Giovenale, “l’onestà è lodata, ma muore di freddo”.

Allora, era più appropriato il sottotitolo: “Come siamo diventati tutti italiani”, o “Come siamo diventati tutti corrotti”. Perciò, rendiamo questo mondo più giusto, e non diamo la colpa a chi è colpevole, ma insieme agli altri.

Caro Cazzullo, chiedi perciò scusa per questi tuoi pregiudizi, soprattutto chiedi scusa a tutti quei meridionali, che amano il lavoro, che rispettano le leggi, che sono cittadini modello, chiedi scusa a quei vecchi contadini che hanno sudato quindici ore al giorno per tutta la loro vita per un pugno di grano, a quelli che sono stati umiliati in mezzo mondo per un tozzo di pane. Queste persone non sono tanti pulcinella, che giocano alla vita, ma sono i veri meridionali, che noi vorremmo riabilitare.

Written by A_ve

17 agosto 2011 a 14:38

Pubblicato su Scrittura

2 Risposte

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  1. Grazie a Paolo Saggese per questo articolo, non perché mi ha risparmiato i soldi del libro che non avrei comprato in ogni caso, come spiego qui sotto. Ma perché libri del genere non si possono ignorare e devono essere criticati senza riserve.

    Perche’ non avrei comprato? Per il titolo e sottotilo. L’autore li ha usati o per ignoranza o di proposito, e siccome non credo sia ignorante, devo concludere che li ha usati di proposito. E li ha usati di proposito o perché pensava che avrebbe fatto vendere più libri, o perché e’ razzista che poi è la stessa cosa. E solo un razzista può incolpare il centro-sud per i mali dell’Italia.

    Ho cercato sull’Internet “Aldo Cazzullo” ed ho trovato il suo blog che ho visitato. Fra l’altro parla di questo libro e termina con “Mi dite che cosa ne pensate?” Avrei voluto dirgli cosa ne pensavo, ma il blog è a senso unico, cioè non è possibile commentare, ma forse è proprio quello che vuole.

    Avatar di Raffaele Ruberto

    Raffaele Ruberto

    20 agosto 2011 at 01:55

  2. La migliore risposta a Cazzullo (nome omen) è il testo di Pino Aprile, Terroni.
    Secondo me, ristabilisce qualche verità, amara per il nord.


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