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Per una Vietri sotto il mare … di Eduardo Alamaro

Cari Resistenti nei PICCOLI PAESI, a proposito di fiere, concorsi e di botteghe delle mani che amano, accludo questa mia divertita cronaca della Vietri sgarbata 2014 …. E’ uscita sul blog “Archiwatch” di Muratore…, è un po’ lunga, leggetela a tempo sperso irpino…
saluti, Eduardo Alamaro

PER UNA VIETRI SOTTO IL MARE …

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Da Eduardo Alamaro: …“Amici muratorini della ceramica e delle arti e industrie decorative, applicate e disattivate: una noterella simpatica dalla costiera amalfitana. Un inizio settimana tutto invitante, tante tante. Tutto sole e tutto solo in macchina…. veloce sulla salita del Chiunzi, … poi una sosta a Ravello, (poca gente, poco o niente turismo, ma molte architetture assolute, del passato contemporaneo) … ; poi giù a mangiare un panino sulla spiaggia di Atrani, … e poi ancora su ad Amalfi, … in alto, in altissimo, grappa Bocchino, a piedi, … fino al cimitero che sta in un ex convento, vicino a Dio in persona … Poi di nuovo in macchina, verso Cetara, e su poi su a Raito, da ceramisti, con libri (Tot vietrese) e maioliche odierne donate e con-donate da vecchi amici del luogo, … qualche mandarino dall’albero con vista sul golfo … e poi alle 19.00 il clou, il clan, il clown, nel senso di chi ama far divertire il proprio gruppo: Vittorio Sgarbi alle prese col risorto “Viaggio attraverso la ceramica 2014”, non me lo posso perdere …

Infatti ho fatto bene ad aaandare: un cinepanettone, un kerampittone gratis così è da favola, bis, bis. Non mi sono mai divertito tanto aaah!! a una inaugurazione di mostra, di solito sempre noiose e prevedibile, ingessate. Ma non è stato questo il caso e la casa e il coso. Natale ceramico in casa Sgarbiello. Che in coppia col sovrintendente Vona, esperto ceramico per caso, è stato fantastico: il viaggio attraverso la ceramica 2014 edizione Sgarbi si propone come babilonia totale, saldi di fine stagione, approfittate!! Con i 25 selezionati dall’alto, “maturi” e spesso collaudatissimi artisti con un piede nella fossa (da premio alla memoria) e una 50/ntina di artefici indigeni che (pare) si son messi di forza in mostra, autoconvocatisi al grido: “E noi perché no? Vengo anch’io!! Noi siamo il territorio, il territorio maiolicato vietroso!! ‘O rre me ne saglio ‘o rre … ‘O sole mio sta fronte a tte. (Anzi, mi correggo: “a mme”. A ognuno di loro, artieri e arti-oggi, perché si sa che i vietrosi non fanno gruppo, son tradizionalmente rissosi. Ognuno è meglio dell’altro, sono da sempre della magna magna Grecia e si magnano perciò tra di loro … e poi invitano sempre qualche curatore da fuori per curarli, per sancire il viziotore, ma poi … vabbè, e una vecchia storia … film già visti …).

Sgarbi di fronte a questa intrusione, a questo cambiamento di programma, a questo protagonismo del luogo, non ha fatto una piega: appara, aggiusta tutto. La sua griglia critica è molto elastica. Sa forse che è tutto un gioco. Si recita e si cura a soggetto,… così è se vi pare e si ap-para … e si concede. Il suo volto televisivo campeggia infatti su tutti i manifesti del Paese ceramica, posto in alto nel cielo, come il DOP, il Dio Onnipotente Padre che può salvare Vietri dalla sparizione ceramica p.v. E’ invocato, è meglio di San Gennaro, San Matteo e San Giovanni messi insieme. Appare calmo, serafico, forse sulla via della santità. Sembra dire: “Cera-misti e a pacchetti di Vietri, volete stare anche voi nell’arte? … accomodatevi pure, avanti c’è posto, … vi faccio tutto cavalieri, son meglio di Carlo V imperatore di Vietri”.

Fantastico, formidabile Sgarbi, curatore attenuato, domestico, partecipativo, comprensivo delle ragioni degli altri. Degli ultimi, dei peones, degli aspiranti e aspirina-nti, (con supposte, pastiglie e compresse), artisti. Artristi sfusi e a pacchetti. Lui, il curatore, aveva proposto un allargamento a Ravello e alla musico-ceramica (con inviti ad hoc e con “possibili aiuti di fondi di Brunetta” da Ravello, dice). Ma quelli di Vietri hanno pensato: “curatò, cca nisciuno è ffesso, aspettavamo proprio a tte: questo Sgarbi ce fotte, ce fa diventa’ ravello-dipendenti, …”. E così tutto è andato a monte, a montone, al momento (ma pare che la mostra a Ravello, Sgarbi se la farà per i fatti et affari suoi).

E’ quello vietrese uno Sgarbi tenero, calmo, molto lontano dalle incazzature televisive, un curatore modificabile a gentile richiesta: uno Sgarbi c.r.l. (curatore a responsabilità limitata), a mezzadria col sindaco di Vietri sul Mare. Infatti dice, in conclusione del suo intervento di presentazione, (per quanto si è udito in sala, perché il microfono non funzionava, andava a intermittenza, gracchiava, … tutto molto improbabile, ma è stato bello così!). Dice duce Sgarbi, più o meno così: Sono in effetti contento, perché se le cose andranno bene è tutto merito mio, per i miei 25 inviatati; se vanno male è perché l’ha voluto il sindaco che allarga. Come si vede è questo un viaggio ceramico avventuroso, senza conduttore e conducente, senza autista: si naviga a svista. Ma forse ciò è indice che in epoca di blog, di internet, di partecipazione non autorizzata … la selezione e il giudizio critico antico non è più cosa praticabile: la cura, la curatela, la coratella e la mortadella è per tutti. Siamo tutti artisti, siamo tutto ceramisti, siamo tutti in-curatori!!!

Credo quindi che Vietri su mare debba essere dichiarata, se me lo si permette, forse & farsa: “Città martire della ceramica contemporanea”. Motivo? Gli artieri del luogo in vent’anni di questi “viaggi premio”, di questi passi e spasso natalizi, di salita e discesa dei babbi Natale di turno, … hanno ingurgitato tante di quelle ceramiche d’artista che per digerirle ci vorranno almeno un paio di generazioni. E’ stata “la grande abbuffata contemporanea”, non c’è stato tempo per defecare, per selezionare, non c’è più terra da perdere. Per cui, proposta d’Eldorado: moratoria assoluta di mostre e concorsi, ricchi premi e cotillon per almeno un quarto di secolo. Quanto occorre per disintossicarsi, digerire, riflettere, discernere e discendere sulla Terra colta. Andiamo nel profondo, nella Vietri sotto il mare…..

Se volete saperne di più su questa iniziativa vietrese, per la delibera digitate su google: [PDF] Download – Comune di Vietri sul Mare

www.comune.vietrisulmare.sa.it/delibere/…/1563-deliberadi-giunta- comunale-n239-del-20112014.html

19 nov 2014 MANIFESTAZIONE PREMIO “VIAGGIO ATTRAVERSO LA CERAMICA”. L’anno … PROPOSTA DI DELIBERAZIONE DI GIUNTA COMUNALE…..
Per l’elenco degli artisti invitati digita: “Un viaggio nella ceramica Vietrese, mostra curata da Vittorio Sgarbi”, c’è anche una bella immagine. Saluti veloci,”

Eldorado.

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Un viaggio nella ceramica Vietrese, mostra curata da …

Il Vescovado – Torna a Vietri il premio …

Written by A_ve

29 dicembre 2014 at 16:25

TUTTO ESAURITO A CAIRANO 7X _ di E. Alamaro

031Completo. Tutto esaurito a Cairano da 3 al 10 agosto. Domanda di soggiorno temporaneo respinta. Per cui io non sono andato lì, sulla rupe della condizione umana d’oggi dell’Italia. Peggio per Voi, Piccoli Paesi!

Ma Cairano è venuta da me, ieri pomeriggio. Come? Ma è la modernità, ta-ttà, da almeno un secolo: attraverso le onde radio, quelle di Radio3, la stazione-radio della riflessione, dell’informazione colta & utile alla vita. Lo disse Dante (e l’affermò Ariosti): “Fatti non fummo solo per consumare ,… ma per far i Piccoli Paesi nostri…”.

Annunciano una intervista a Franco Dragone “sul minifestival di Cairano”. Cazzen, che mi son perso: tutti i draghi, dragoni e dragonetti della fiaba di Cairano d’oggi. Ci sono tutti gli ingredienti: il dopoguerra, la fame, la miseria, il viaggio dal Sud fino alla selva del Nord, a scavar nelle miniere … andiam a lavorar, trallalalà, … ma il Dragonetto-pollicino, nel lungo viaggio d’addio dal loco natio, seminò sulla via i suoi sassolini della memoria, giurando a se stesso: un giorno tornerò trionfator e diventerò un vero Dragone che, con le sue lingue di fuoco, metterà in fuga il male e la malia da Cairano.

Il Padreterno benevolo s’intenerì per tanta audacia del Pollicino irpino e lo bene-disse. Anzi disse-bene, dispose agli angeli ed arcangeli: “Suonate le tromba a distesa e così sia fatto!” E così fu.

Così è Stato: Cairano quale Stato di necessità creativa. Libero Stato della fiaba possibile, dell’eterno ritorno al luogo natio rinnovato e ritrovato. Amen.

Il mio Franco Dragoncello, novello Ulisse, ha una bella voce e io gli faccio dire tutte queste belle cose fiabesche che ho scritto. Quello vero radiofonico ha una simpatica inflessione francese. Parla un italiano fantasioso che, dice: “non ha studiato sulle fonti letterarie, sui libri, ma ha imparato dai genitori, per quanto possibile, o nella vita pratica”. Infatti il gran Dragone d’Irpinia gira tutto il mondo per il suo lavoro di coreografo global. E’ un cittadino del mondo ai massimi livelli d’Eventi. Di tutti i venti e Eventuali soffi della moda. Ma tant’é, … ma su quel cucuzzolo della montagna irpina, dai larghi orizzonti, sta la sua radice, la sua fortuna, il suo trampolino di lancio mentale per il salto audace. Per il triplo salto immortale, con doppio avvitamento e trippa piroetta, senza trucchi e senza vendetta.

Il Nostro è dotato di ironia radiofonica: disegna scenari futuribili per Cairano e per se stesso in loco. Dalle sue parole traspare una visione partecipativa di necessità. Sa che deve seminare e passare il testimone. Che lui passerà: la vita è lunga ma non eterna. Pur tuttavia, mi pare, ha pur sempre un piano B nella valigia d’emigrante cronico, per essere sempre pronto ad una ripartenza, fino al cimitero. Per sé e per i suoi cafoni: “Se questi piccoli paesi devono morire, che almeno sia una morte allegra, teatrale, con tanti invitati al seguito. Che sia un funerale molto affollato, non solitario e triste ”, dice. Penso allora al Massimo Troisi nostro della domanda fatidica: “Emigrante o viaggiatore?”. Penso alle bande musicali, al jazz, ad Armstrong, ai neri americani, a New Orleans, alla possibile New Cairans dei neri venuti oggi dall’Africa per un possibile ri-abitat …

E’ solo un attimo felice perché il Dragone mi tradisce proprio alla fine della intervista, una svista. M’inciampa sul terreno facile arato dall’Arminio regressivo, quello che fa cassa con la nostalgia irpina. Che disegna vecchi paesaggi, vecchi scenari del Sud ripiegato su se stesso. Il Nostro Dragone dice infatti che ha dentro la nostalgia, che è tutto una nostalgia, che … ogni partente non è partoriente ma porta con sé questo sentimento antico … bla, bla, bla.

Ma io non credo una sola parola di quello che dice: è solo una fragilità, una debolezza momentanea, una pigrizia radiofonica. Bisogna ritornare per costruire sempre nuovi scenari. Con nuove forze, perché quelle che furono allora cacciate non ritorneranno più. Sono morte per sempre, nuovi migranti. Arrivi e partenze, la vita è una stazione. Lo strappo è necessario, le ricuciture seguono strade fantasiose e non previste.
Essere moderni sempre, guardare avanti. Mi ritornano in mente i nostri migranti dell’800, proiettati verso le terre nove ridenti e argentine. Si dividevano in due gruppi netti: quelli che correvano verso prua e gridavano felici. “Terra, terra”! e quelli che andavano invece verso poppa, a guardare l’orizzonte perduto arminiano delle loro terre d’Origini! E Dragone sta per me sulla rupe-prua di Cairano a dire a tutti: “Terra, terra, nuovi migranti in arrivo, Riabitat, riabilitiamoci!!”

Saluti serali, Eldorado

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Written by A_ve

15 agosto 2014 at 08:28

Pubblicato su Varie

ancora cairano _ ancora alamaro

Contro l’architettura cinica e arrogante” … piccoli borghi e grande qualità …

Pubblicato il 25 giugno 2014di Giorgio Muratore
piccoli-paesi-logo-29-kb2angelo verderosa | piccoli paesi

Da Eduardo Alamaro: …

“Sergio 43, anche tu domenica alla processione del Corpus Domini, anche tu condividi e pratichi l’ornato dei poveri piccoli paesi di lusso dell’Osso.
Devi allora fare un salto a Cairano, è un posto veramente mozzafiato; una vista sulla valle dall’Ofanto dalla rupe che vale il viaggio.
Qui son rimasti in trecento. Gli altri “giovani e forti”, gli altri cinquemila paesani degli anni cinquanta ora sono tutti morti. Pace, amen, ameno. Almeno così pare.
L’appennino è una risorsa interna, una via di salvezza. Abbandoneremo la polpa costiera infetta, come Mosè saliremo sui monti, la storia è sorprendente. Andremo così nell’altissima Irpinia. Passeremo dal frastuono del gol in tv al silenzio del Goleto di San Guglielmo da Vercelli.
Io qui ci arrivai un giorno per caso e non per casa. Per parlare a un convegno di restauro sui PP, Piccoli Paesi, nel 2007. Tutto iniziò da qui, da questo articolo che ho trovato ora per caso in rete. L’accludo e chiudo. Leggilo facoltativamente con facoltà. Mi pare ancora odierno: le cose del restauro dei borghi stanno più o meno così come allora scritto.”

Saluti, Eldorado

7. 5. 2007 EDUARDO ALAMARO in Asmenet.it
Il restauro dei borghi irpini, il dibattito: per un’architettura di qualità

Nei convegni scientifici, nei dibattiti culturali, specie se specifici e tecnici, specie se svolti in sedi istituzionali e in zone “interne”, ci sono dei sicuri indicatori di gradimento del pubblico: se nessuno si è alzato dalle sedie, se nessuno se n’è andato, se alle nove della sera quel convegno annovera lo stesso pubblico iniziale delle sei del pomeriggio, significa che quella iniziativa ha fatto centro, che è stata utile, che ha colto nel segno, che ha fatto cultura; che ha allargato il perimetro della partecipazione pubblica, dato degli strumenti ai nativi, ai cittadini del luogo oggetto del discutere scientifico e tecnico.
E’ quanto accaduto venerdì al convegno d’architettura “Borghi, castelli e abbazie: esperienze di restauro in Irpinia”, tenutosi nella sala del consiglio municipale di Castelfranci; incontro di lavoro attivato dal Centro Studio Libero Pensiero “Giordano Bruno”, animato dal pittore Felice Storti, una garanzia, un pensiero antagonista, attento alle realtà locali e globali, glocal; alle arti intese nel loro complesso e quindi includenti l’Architettura, Madre (e talvolta matrigna, il Padre spesso e ignoto), delle Arti.
Il successo della manifestazione è da ricercarsi innanzi tutto nei contenuti e nel tono pacato, ed al contempo implacabile, fino alla lucida denuncia, della relazione e video-proiezione del giovane architetto Angelo Verderosa. Egli ha relazionato sulle esperienze di restauro architettonico che ha effettuato, quale libero professionista (in comunione con un articolato gruppo di lavoro), sul sistema dei borghi medievali irpini della Terminio Cervialto: il magnifico quadrilatero Castelvetere, Quaglietta, Volturara, Taurasi (castello incluso); nonché della famosa abbazia del Goleto e il museo diocesano di Nusco.
Una occasione professionale tramutata beneficamente in una proposta culturale profonda; in una esemplare offerta di metodo e di approccio non fumoso al territorio sociale irpino, incluse le antiche architetture da “curare”, da restaurare, oggetto dell’incontro. L’approccio dell’architetto Verderosa al restauro è stato infatti soft, rispettoso ma non ossequiente, umile ma al contempo ambizioso; ha dimostrato in concreto che si può fare coesione e “lavoro sociale” partendo dallo specifico professionale; è riuscito a creato un “bel clima in cantiere”, come ha detto; ha colto un’occasione professionale per sperimentare un modo di stare insieme, di ricostruire in loco una speranza d’architettura, salvaguardando i legittimi interessi di tutti: pubblici organismi di tutela e controllo, imprenditoria, altri soggetti istituzionali coinvolti; sperimentando al contempo, e ciò è quello che più interessa lo specifico architettonico, tecniche di lavoro inclusive del passato, integrate al luogo, economiche ed efficaci. Far bene con poco, il minimo è il massimo, quasi un miracolo! «Recuperando l’antica pietra del monumento, ho recuperato la nostra storia – ha detto – ho formato i nuovi maestri d’arte del luogo»; quelli di cui una volta l’Irpinia andava fiera (si pensi agli scalpellini e ai maestri della pietra di Nusco): sono le nuove maestranze irpine formate in cantiere, direttamente, a costo zero.
Quello esposto da Verderosa è quindi un progetto architettonico e di restauro sociale che ha una qualità artigianale intrinseca; artigianato di tipo nuovo, inteso cioè non come fatto residuale e nostalgico di tecniche e modi del passato costruttivo, ma come recupero artigianale dell’uomo stesso, in una prospettiva contemporanea, oltre-moderna, straordinariamente attuale, utile e compatibili. Che vengano mille progetti esecutivi di questo tipo, di nuovo taglio artigianale, con dentro il piacere di fare, di costruire, ritrovato effettivamente in cantiere. Amare l’architettura, non terrorizzare la gente!
Architettura umile (e nobile) mestiere, si potrebbe dire; partire evangelicamente dalla pietra scartata ch’è diventata pietra d’angolo della costruzione (e ricostruzione) dell’Irpinia Verde/rosa, quella che ha avuto il coraggio e la semplicità di mettere i sentimenti dentro l’architettura; contro l’architettura cinica e arrogante, quella sperimentata nei bidoni dei “frammenti urbani”, arroganti utopie sopra la gente, modelli di comportamento lontani mille miglia dal vissuto quotidiano; cose marziane e cervellotiche calate di brutto (alla lettera) sul territorio, in sostanza mal digerite architetture che di organico hanno solo l’aspirazione ed il nome.
La Verderosa Irpinia ha invece capito un fatto di fondo: che il tenero sconfigge il duro; che se nei nostri tempi di terremoto sociale continuo la struttura segue l’onda del sisma sta in piedi, se cede ragionevolmente, paradossalmente resiste.
Tutto bene quindi? No, affatto!! Siamo alle solite: il progetto di restauro architettonico esposto nel convegno, è slegato parzialmente dalla destinazione d’uso, ed assolutamente da un progetto di gestione che sia interno ad un concreto sviluppo socio-economico del sistema “borghi d’Irpinia”. Insomma, ancora una volta ci sono i contenitori, mancano i contenuti, son corte, o tagliate, le gambe per camminare, questa la sintesi. Questo convegno è stato un grido di dolore, ma anche di speranza della ragione.
Si dovrebbe applicare alla gestione del “sistema Borghi”, la stessa strategia partecipativa sperimentata nel loro restauro, avere idee luminose per l’attrazione di capitali, onde evitare una nuova sconfitta dell’Irpinia e nuovo sperpero di danaro pubblico. Quando son scorse sullo schermo le immagini dei 22 – 23 minialloggi completamente attrezzate ma inutilizzati degli immobili, veniva voglia di dire: ma a che gioco giochiamo? Perché il valore culturale del monumento ben restaurato e (auspicabilmente) socializzato non è diventato (ancora) valore economico? Perché, a differenza dell’Umbria, regione molta nominata nel dibattito, l’Irpinia non decolla (ancora) nel turismo culturale e nell’architettura di qualità?”

Eduardo Alamaro

Pubblicato in Architettura | 1 commento

Written by A_ve

26 giugno 2014 at 06:52

Pubblicato su Varie

Recupera / Riabita _ il diario giornalistico di EDUARDO ALAMARO

Piccoli paesi dell’ornato d’Italia … pubblicato il 24 6 2014 su ARCHIWATCH, il blog di Architettura italiana fondato da Giorgio Muratore

ippwdg_sanleoneDa Eduardo Alamaro : …

“Amici muratorini, mi punisco, vi punisco: c’è la partita Italia-Nonsoche; c’è il napolitano Immobile in campo, in Brasile, ma io me ne fotto. Sono in controtendenza, sto qui alla tastiera e vi scrivo. E vi ricordo che si dice che … che il concetto di centro storico, di borgo storico et similia, è evoluto a favore di quello di paesaggio storico vivente. Altro che partita di pallone alla TV!!
E vi dico che, gioite, gioite!!, domenica mattina a Cairano ho toccato con mano questo passaggio concettuale-pratico. Anzi, questo paesaggio storico vivente. Voi direte: ma Cairano addò stà?? 
Semplice: Cairano è un paese-presepio residuale dell’altissima Irpinia; un luogo abitato sin dalla preistoria, dal quale si ammira e sorveglia tutta la valle dell’Ofanto; una postazione ardita, suprema, (nel tempo antico) centrale per gli attraversamenti Nord-Sud (sotto ci passava l’Appia romana, andando verso la tellurica Conza e Calitri … verso la Puglia e Brindisi) e per gli attraversamenti Ovest- Est, (per la via etrusca che da Paestum, via Battipaglia, Salerno, Montella, Bisaccia portava fino a Siponto); domenica mattina, dicevo, ci siete ancora, amici muratorini?, ho toccato con mano e con occhio questo attraversamento pluri-millenario. Ma senza mio occhio fotografico per cui non posso inviarVi manco una foto d’accompagnamento alle mie parole. Che stanno tutte in me, nella mia capa fotografica. Peggio per voi!!

Posso però affermare e confermare che la cultura dell’ornato-morbido s’è rifugiata qui, in questi luoghi remoti, altissimi e preistorici. Tra candide e sensuali lenzuola ricamate e stese festose e fastose al sole; nei copriletto fabulosi e fabulanti lavorati all’unci-netto; nelle coperte trapuntate ‘e stelle e da antichi motivi decorativi. Un repertorio eccezionalmente ordinario, che si ripiega e si richiude dopo la festa, pronto per la prossima “spasa” sacra.

Si, perché tutto quel ben di Dio, manufatto dalle mani delle donne che furono, era stato esposto pèr onorare il passaggio della processione del Corpus Domini; del Corpo di Cristo nostro Signore et Padrone. Una processione bella, antica, semplice, elegantissima, cordiale. Con il bel pretino quasi orientale (questa è la Campania d’Oriente, che dà verso la Puglia, nda) che alzava sereno e sicuro il calice santo inquadrato ed evidenziato da una tendina gialla cubica e decorata, sorretta da quattro aste dei fedeli … fantastico, mille e un giorno a Cairano!!

Gli ornati al sole dialogavano perfettamente con le architetture degradanti delle case, tutte panoramiche, anzi direi meglio: panor-amiche. Cordiali, felici, poste e non oste come sono sulla crosta della montagna, con vista valle amica.

Ho gustato qui, in quegli attimi, in quei minuti, ore felicitanti ed emozionanti, l’antica cultura nostra dell’abitare. Con tutte le piante di fiori e gerani poste orinatamente in fila sulla strada, lungo le pareti della via, sui balconi fioriti. Una gioia, un lusso che è difficile immaginare in città; arredo urbano gratis, partecipativo, popolare, a costo zero per il Comune, …

E poi i segni residui della antica cultura del lavoro agricolo che s’è fatta, nel tempo ordinario secolare, netta architettura. Come, ad esempio, la struggente via del vino, con ordinate cantine alte come cattedrali, per metà scavate nel monte e per l’altra metà costruita e voltata a botte. Bne culturale normale. Con tante, tantissime cantine, tutte poste al Nord, una via d’ombra ad arte. Alcune ancora in piedi, in esercizio, altre, troppe, diroccate, esaurite, vedove di odori, sapori e umori di vino, di sangue. Chiuse per emigrazione, per esodo che, dagli anni ’50 del ‘900, dai tempi del carbone belga di De Gasperi, è stato massiccio, biblico.

Ragion per cui a Cairano son rimasti (molti) vecchi, donne e (pochi) bambini. Un paese che vive (o muore) di pensioni, di assistenza. Da rinsanguare, da rilanciare con energie nuove migranti, da attrarre. Creare le condizioni di attrazioni, e non è facile!!! Ma Cairano ha una fortuna, un santo protettore. Uno che ce l’ha fatta. Un uomo dell’emigrazione che da spalatore di merda d’elefanti del circo è diventato un grande coreografo che ha dato un contributo decisivo alla nascita e affermazione del Cirque du Soleil firmando molti dei suoi più grandi successi: Franco Dragone, cavaliere della Repubblica italiana. E il buon Dragone non ha dimenticato la sua Cairano d’Origine. E sogna forse di ritornare un giorno qui, di farci una scuola di teatro o chissà cosa Dio gli farà venire in mente. Architettura minore (ma non minorata) compresa. Così sia!!!

Intanto il bene-fattore nostro fa in modo che si possano svolgere attività social-culturali che i magri bilanci comunali non permetterebbero pienamente. Come gli incontri felicitanti della “Cairano7x”. L’edizione di quest’anno è stata particolarmente bella, cioè utile. Infatti ha preso alla lettera il dato fisico di stare in un borgo posto sull’Appennino, cioè sull’Osso. Niente polpa da rosicchiare per accademici interventi. Per cui niente inviti a docenti universitari della Federico a Secondo di Napoli. Niente Sapienza di Roma ufficiale. Solo interventi di operatori di base x altezza del luogo ridotti all’osso. A poche parole e pochi soldi. Ma con molte energie e forza: resistenza, resistenza!!! Parola d’ordine lanciata dal blog “Piccoli Paesi”: ognuno si racconti in breve, in 3 minuti. Lasciare tracce sintetiche. Filiera breve e virtuosa. WW la cultura della sintesi, del twitt, della rete comunitaria.

Ho partecipato quindi, attento, stupetiato et ammirato, tutto sabato 21 e mattina della domenica 22 a un incontro veramente felicitante, ce ne fossero tante – tanti. Pieni di Utopia, di sogni riservati, di esperimenti di lavoro occupante. Relazionante. Tanti fuochi dall’alta e altra Irpinia. Forse alcuni si riveleranno fuochi fatui, falsi allarmi; altri invece saranno resi-stenti e residenti alle piogge e al gelo. Sogni concreti “corpo a corpo”. Visioni e previsioni, assaggi di domani. Finestre di utopie. Per fare reddito stando qui. Per spazi di relazioni di qualità. Stop.

Anzi no. Quest’anno, per la prima volta, è stato anche assegnato, domenica pomeriggio, il PREMIO ‘RECUPERA/RIABITA’ ad un nuovo abitante dell’Appennino, di Cairano. Il premio avrà cadenza annuale e segnalerà colui, colei o coloro che “si sono impegnati a compiere azioni per la salvezza e la promozione delle aree interne; ad esempio recuperare un fabbricato, una casa abbandonata – in uno dei piccoli paesi dell’Appennino- per farne una nuova abitazione”. Sarà premiato chi avrà la visionarietà di invertire la tendenza dello spopolamento rurale creando visioni e nuova occupazione.

AAA amici dell’AAArchiwatch aaaccorrete, venite a rinsanguare l’osso, ci vuol polpa, ci vogliono idee e sogni. Buon investimento. Prezzi modici, al momento!! Cairano offre un pranzo di prova a tutti i muratorini. Menù d’incoraggiamento: tripoline con salsicce; parmigiana alla cairanese; frutta, vino e incontro d’architettura felicitante. Tante tante. Possibilità di pernottamento pro loco in albergo diffuso garantito doc. Per un incontro felicitante. Soddisfatti o rimborsati.

A presto, a Cairano,”

Eldorado

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ANCORA E SEMPRE …

“IL FUTURO E’ NEL TRATTURO” …

FORZA APPENNINI …

Pubblicato in Architettura

Written by A_ve

25 giugno 2014 at 10:47

Recupera / Riabita _ i saluti di Eduardo Alamaro

Eduardo Alamaro
Scrittore, giornalista, critico di architettura. Storico della ceramica.
eduardoalamaro@alice.it

Cari amici dell’Irpinia altissima,

a Napule oggi fuori chiove a zeffunno e mi son domandato: chissà come sarà il tempo sabato a Cairano? Altrimenti sarà dura. Stamani infatti sto riflettendo un po’ su cosa dire di non (solo) auto gratificante e auto pubblicitario al vostro consueto appuntamento sui piccoli borghi da riattivare. Borghi sfuggiti alla logica distruttiva dei “paesi presepe” e nei quali sono stati riversati non poche risorse delle tasse degli italiani tutti del post/terremoto ’80. Fatto il contestato restauro dei borghi, la seconda domanda è sempre la solita, qui e altrove: e mo’ che ne facciamo? Chi ci mette i soldi per la gestione? Chi ha una idea di produzioni oggi in alta Irpinia? Chi ha la forza di sognare e soprattutto di far sognare senza bluffare? Im-prenditori, non prenditori modello “prendi i soldi e scappa”.

Alla ricerca di esempi di buona pratica italica dell’osso, pratico l’Umbria e i suoi restaurati borghi appenninici, … ragion per cui, alcuni anni fa, il “Corriere dell’Irpinia” ospitò qualche mio articolo in merito e demerito. E di ciò ringrazio ancora per l’opportunità con-cessa. Uno di questi “pezzi” era proprio centrato sulla domanda: come mai l’appennino umbro, terremotato e terrepovero quanto quello irpino, è riuscito poi a far sistema, ad attrarre risorse e a far sognare con i piedi a terra, mentre l’Irpinia no? Come mai esistono in Umbria buoni esempi di azienda-borgo virtuoso e virto-uso (come quella di Brunello Cucinelli) e in alta Irpinia restauro e idea di gestione imprenditoriale vanno su due tempi e piani diversi? Allego di seguito all’uopo scheda dell’umbro-global sognatore Cucinelli, che forse sarebbe da invitare p.v. ai vostri incontri. o no?

Saluti, Eduardo Alamaro

Nato nel 1953 a Castel Rigone, vicino Perugia, Brunello Cucinelli, da sempre attratto dal sogno di un lavoro più sensibile ai valori umani, interrompe nel ’74 gli studi universitari di ingegneria per dedicarsi all’attività che lo Leggi il seguito di questo post »

Written by A_ve

18 giugno 2014 at 09:04

Pubblicato su Varie

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ARTIGIANI e STELLE _ di Eduardo Alamaro

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Giovanni Spiniello, maestro artigiano pittore scultore irpino

Cari amici dei Piccoli Paesi e paeselli irpini,

Vi scrivo accaldato e applicato questa mia da Napoli bella per ricordarvi che “i ricchi hanno Dio e la Polizia; i poveri hanno solo i poeti gli artigiani e le stelle”. Così recita infatti una poesia della resistenza palestinese. Ma sabato scorso 29 giugno, alla Mediateca SANTA SOFIA di Napoli, dalle ore 12.30 alle 14.30, è andata invece in scena la “Resistenza Artigiana”. Anzi due resistenze artigiane & poetiche, una dopo l’altra. Due al prezzo di una. Una napoletana, l’altra irpina, perciò vi scrivo, amici miei. La prima (in ordine di apparizione), espressione della (già) polpa costiera; l’altra invece tipica dell’osso appenninico eterno, terrone e terre-motabile, (all’occorrenza anche montabile). Vale a dire, come dico, il match: centro antico di Napoli dell’Anticaglia versus le colline di Paternopoli, contrada San Felice, 8. Vi piace il tema? Si? Allora seguitemi….

La resistenza poetica “vecchiartigiana” napolitana è stata affidata al racconto di un documentario (“Resistenza Artigiana”, appunto, 21’, anno 2012) dovuto a Antonio Manco, giovane regista sociale on the road; l’altra, alla viva voce dell’agricoltore-performer Luigi Forino che ha ben recitato se stesso e messo in scena i prodotti (olio  di olive “Ravece” e vino Taurasi verace doc) dell’azienda agricola “L’albero del Riccio” di Sofia Troisi.

Cinema napoletano contro teatro irpino, quindi; arte mediata contro la vita in diretta, sul palcoscenico della Mediateca Santa Sofia. E io, come D’annunzio, ho scelto la vita; la vita di Giggino l’irpino, col suo olio “di categoria superiore”, vino e caponata; nonché raccolgo il suo invito a Paternopoli (che allargo a chi ci legge: cell, 3384718874).

Se poi dovessi dare un punteggio calcistico su questo match giocato tra due periferiche resistenze artigiane, tra città e campagna, tra (ex) osso e polpa della Campania, direi che: Irpinia batte Napoli, 3 a 1 (doveroso goal della bandiera, nda).

E ciò perché Giggino l’irpino m’è parso poeta-artigiano resistente contemporaneo; superiore per simpatia e vitalità, per concretezza e leggerezza di racconto ruspante d’oggi. Esempio: “Il vino non lo potrei imbottigliare, ma lo imbottiglio lo stesso per gli amici, perché io ho i calli alle mani e loro, quelli delle scrivanie del doc, no!!” Applausi e con-sensi: io so’ amico tuo, una butteglia a mme … e pure a mme!!

Ma a guardar bene, benché giocando fuori casa, Gigino l’irpino aveva partita vinta già in parte e in partenza. Ciò perché il racconto di Carmine, resistente artigiano tipografo napoletano dell’Anticaglia, è apparso tutto autocentrato e macerato in sé, perfetta fotografia di un ultraventennale fallimento di indirizzo politico a Napoli, incapace di dar speranza sociale concreta oggi. In particolare  per la mancanza (o inconcludenza) di un adeguato progetto artistico-industriale del centro storico di Napoli. Tutto giocato nella difesa di un mondo mitizzato, favoloso, mastroggeppesco, totocchio, condito colla tradizionale nostalgia tipica partenopea del bel tempo che fu, fuje!! Tiempi belli ‘e ‘na vota! (Vota e fai vuotare, nda).

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Written by A_ve

8 luglio 2013 at 07:07

PEZZOTTO di Eduardo Alamaro

liquore strega

liquore strega

di EDUARDO ALAMARO  _ Pezzotto  (montagna crea / città napoli copia)

Il tema in classe col quale vi intratterellò  questa settimana è la “Strega” di Benevento. Ma anche le Streghette, le Mi Strega, le Fatine, i poveri Diavoli e i Maghi di Napoli, (tengo famiglia art/design).

Vi intermezzerò cioè sui Liquori Strega pezzottati negli anni trenta – cinquanta a Napoli. Nel suo centro antichissimo distillato oppure appena fuori le mura antiche, nello storico Rione Stella-Sanità, con i suoi Sindaci e Streghe di produzione parodiate, spesso geniali. Paradossale stimolo all’Originale per trovare nuove vie, inedite strategie commerciali, mantenere alto il prodotto. Insomma, la “Strega” di Benevento contro le “Janare” di Napoli, una bella lotta al femminile!

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Written by A_ve

28 febbraio 2013 at 13:03

da Eduardo Alamaro, Napoli

pietro bianchi architetto

Caro Angelo, letto, approvato e sottoscritto da me medesimo Eldorado ben nota e collaudata idea ferrovia per una mobilità sostenibile. 
Allegoti articolo mio su arch. Pietro Bianchi di Piazza Plebiscito ‘800 pubblicato nella rivista di architettura on line: presS/Tletter n.03-2013. Non c’è mai nulla di nuovo. Saluti neoclassici, Eldorado plus

Mezzogiorno

Napoli coloniale, piazzetta Trinità degli Spagnoli, sopra i Quartieri. Da via Toledo, all’altezza del nobile palazzo Zevallos Colonna di Stigliano, oggi Banca Prossima, dove sta in mostra “l’ultimo Caravaggio”, bisogna salire su dritto, (quasi) di fronte al puntuto portale barocco di Cosimo Fanzago.

Il mio giovane amico Antonio, della Casaforte S.B. mi fa da Virgilio. Sta di casa proprio “in piazzetta”, nell’ex chiostro del convento della Trinità, requisito nel 1806 con le leggi eversive dai francesi. Ha ri-architettato con la moglie un loft bellissimo, nei locali che un tempo –mi dice– erano sede di un grande stabilimento cromo-litografico. C’è infatti ancora qualche pietra d’arte superstite, a testimonianza di quella Napoli operosa che fu.

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Saluti da Archiwatch

TRATTURI E NEVERE …

progetto

Da eduardo Alamaro: …

Tratturi e tratturie dell’Irpinia che fa acqua …

“Caro muratorino, tu lo sai, …

se stai in una situazione difficile, con poche possibilità di soluzioni (architettoniche) dici sinteticamente: sto’ con l’acqua alla gola…. e se stai ‘nguaiato, se devi proprio fare una marchetta di necessità edilizia, dici per giustificarti: “ sto’ perdendo, perdono, … sto’ con le pacche (d’architetto) nell’acqua … “

Ed in Irpinia devono proprio stare così: con l’acqua alla gola e con le pacche nell’acqua (che hanno in loco, tra il Sele e il Calore), se hanno pensato di intraprendere un viaggio nella Terminio-Cervialto coniugando acqua & gola, bene culturale e bene della panza mia.

Andando così, che bella pensata!, alla riscoperta delle antiche Nevere, modeste costruzioni architettoniche che erano i frigoriferi delle comunità rurali fino all’avvento dell’elettrodomestico individuale moderno, coniugandole altresì con degustazioni, libagioni e canti popolari del luogo (in primis la famosa tarantella di Montemarano). Tutto ciò al fine di aprire le mente e la panza a nuove micro-realtà economiche, trasformando le tradizioni del sapere artigianale del passato – spesso trapassato- nel lavoro del futuro – futuribile. Riattivando altresì i borghi restaurati con risorse pubbliche e alla ricerca di investimento privato non predatorio …

Insomma, è il post-moderno locale residuale” …

segue in: TRATTURI E TATTURIE …

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Written by A_ve

16 aprile 2015 at 11:47

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Meno male che ci son queste isole dei blog.

dal mitico inviato EDUARDO ALAMARO. Cari resistenti dei Piccoli Paesi, cari residenti piccoli paesani, cari amici dell’Osso verderosa,

Vi scrivo questa mia dalla costa, dalla polpa, dalla superficie, dal golfo di Napule senza l’ultimo suo Pino (Daniele). Napule è sempre na carta sporca … e nisciuno se ne ‘mporta e … tutti aspettano a ciorte … e se spartiscono e torte. … Menomale che ci siete Voi dell’interno e dell’interiore, cultori e cantori del bello, delle Arti decorative & Architettura. Nesso su cui io lavoro indefessamente, una malattia incurabile. Ma navigar m’è dolce in questo mar (di guai che ciò mi procura, nda).

Talvolta invio tracce di questo lavorio a questo ospitale blog piccolo-paesano irpino. E talvolta ciò riscuote anche successo, oltre la nostra ristretta cerchia di cultori della materia, com’è accaduto nel caso della mia divertita cronaca dell’inaugurazione del “Viaggio attraverso la ceramica 2014” a Vietri sul mare, concorso-mostra nazionale, resuscitato dopo una pausa di anni (per mancanza di fondi) e affidato dal Comune alle cure di Vittorio Sgarbi. Quel fortunato mio resoSconto è rimbalzato inaspettatamente nei blog e comunicazioni mail della costa, miracoli e sorprese del web. E’ stato per questo motivo che ieri ho ricevuto da un gentile interlocutore vietrese (e che ringrazio) una mail dal doppio interesse. Due al prezzo di uno. Infatti concerneva sia notizie dell’attivazione di un forum online, al quale vi invito a partecipare, perché son tematiche a voi non ignote

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Written by A_ve

19 gennaio 2015 at 08:18

PAESAGGIO, la più grande “infrastruttura” culturale del “vecchio continente”

SEGNALAZIONE INVIATA DA EDUARDO ALAMARO

…. Una tre giorni di riconoscimenti, dialoghi e proposizioni per il PAESAGGIO, sicuramente la più grande “infrastruttura” culturale del “vecchio continente”. Nella prima giornata la premiazione delle esperienze italiane virtuose proposte dai Club UNESCO, da Udine a Enna, dall’Aquila a Levanto, da Brescia a Carrara, da Spoleto a Campobasso, da Caserta a Livorno per la consegna del Premio “La Fabbrica nel Paesaggio” promosso dalla Federazione Italiana dei Club e Centri per l’UNESCO con il Patrocinio della Federazione Europea e Mondiale. Alla cerimonia, oltre al membro del Consiglio Mondiale delle Federazioni, Maria Luisa Stringa, hanno premiato i vincitori il Presidente della Federazione Europea dei Club e Centri UNESCO Daniela Popescu e un membro della Federazione Italiana Antonio Vernier.

Hanno vinto il Premio per la sezione imprenditori, il Club dell’Aquila che ha presentato, la mai abbastanza conosciuta esperienza imprenditoriale di Daniele Kihlgren per il recupero di Santo Stefano di Sessanio, con questa motivazione “esempio di mecenatismo del 21° secolo, coniugando genialita’, passione, coraggio imprenditoriale e amore per l’autenticita’ che diventa paesaggio. Il borgo recupera l’identita’ e diventa futuro con la comunita’ che torna ad essere protagonista. La sapienza antica rinnova l’emozione dell’abitare e i canoni del ben-essere, unita al rispetto del genius loci.”

Per le Amministrazioni pubbliche, il Comitato Promotore del Club di Campobasso che ha presentato la lungimirante azione di un piccolo borgo italiano Castel del Giudice, che ha saputo cambiare il corso della sua storia riattivando la propria comunità sui valori identitari, ma soprattutto virtuosa economia basata sulle sue riqualificate risorse endogene e rinnovabili. Il Premio è stato assegnato con questa motivazione”esempio straordinario ed emozionante di una piccola comunita’ che ha saputo recuperare i valori identitari dell’architettura e del paesaggio valorizzando e vivificando anche in termini sociali e produttivi il proprio PATRIMONIO. Si realizza cosi in modo esemplare “la fabbrica in comune”.

Menzione speciale per il Club di Caserta che ha presentato il primo museo del cane in Italia “foof museo&parco del cane” come “approccio moderno alla valorizzazione del paesaggio che riesce a coniugare fantasia, originalita’ , innovazione e coraggio con il recupero delle componenti naturalistiche del territorio. Un paesaggio che vive, che produce, che sfida il degrado, che recupera il rapporto atavico tra uomo e animale e apre le porte allo sviluppo durevole.”

Il 27 e 28 settembre sono stati dedicati ai “Dialoghi sul Paesaggio” che l’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino insieme alla locale Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e l’Amministrazione Comunale di Padula e la Comunità Montana Vallo di Diano, organizzano ogni anno in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio. Un percorso costruito da tempo sulle Politiche delle Aree Protette in Europa con l’impegno e la determinazione del Gruppo di San Rossore che ha già pubblicato sull’argomento due interessanti quaderni[1], con il contributo scientifico di Domenico Nicoletti….

Written by A_ve

20 ottobre 2014 at 08:06

Pubblicato su Varie

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