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Diritti, legge e giustizia da Montesquieu a Zagrebelsky fino agli Indignatos dei tempi odierni

“ Diritti, legge e giustizia da Montesquieu a Zagrebelsky fino agli Indignatos dei tempi odierni.” di MARTA DE PASCALE

Sommario: 1.Accenni di storia dei sistemi istituzionali. 2.Sistema costituzionale americano e francese. 3.Assetto costituzionale italiano-Collegamenti con quello americano e francese-Primi passi dei Padri Costituenti. 4.Riflessioni sull’attualità dei rapporti tra politica e magistratura. 5.Conflitto tra Etica e Legge dai classici fino aifilosofi odierni. 6.La lezione di Zagrebelsky.

Il recente movimento degli Indignatos attualizza con grande forza interrogativi di sempre della filosofia politica e della storia delle società. Il movimento, come è noto, manifesta il dissenso e l’intolleranza ad un sistema finanziario-politico-istituzionale totalizzante e non rispettoso delle paritarie condizioni di vita e di avvio al lavoro da garantire ad ogni individuo.

La cronaca estera ed italiana ha evidenziato, negli ultimi tempi, come le manifestazioni degli Indignatos siano rivolte ad esprimere contrarietà alle condotte dell’Alta Finanza e dei Sistemi Bancari responsabili, a loro avviso ed in concomitanza con altri fattori, della deriva sociale in cui le nuove generazioni tentano di sopravvivere.

Logiche e dinamiche che si pongono sempre più in contrasto con quanto stabilito e garantito dalle Carte Costituzionali di ogni paese civile.

La seguente riflessione sui rapporti tra i diritti di ogni uomo, la legge sovrana e il senso di giustizia ci ricondurrà paradossalmente, partendo dai tempi antichi, alle ragioni che oggi muovono in varie parti del mondo intere generazioni di giovani.

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1.La storia delle istituzioni democratiche non può prescindere dal trinomio diritti, legge e giustizia.Per comprendere gli attuali assetti costituzionali è opportuno analizzare brevemente la nascita e l’evoluzione dei principali modelli costituzionali: quello statunitense, quello europeo continentale e quello derivante dalla Rivoluzione Francese.

La nazione che generò il primo governo fondato sul confronto tra Corona e Parlamento fu l’Inghilterra (dove una serie di rivolte contadine e la ribellione della Scozia contro il governo di Londra prepararono ed accompagnarono il conflitto istituzionale tra sovrano e parlamento, sfociato in una guerra civile dagli esiti dirompenti 1642-1649 e, solo dopo la vittoria dell’esercito puritano di Oliver Cromwell e la decapitazione di re Carlo I Stuart, giunse sul trono Guglielmo d’0range gettando le basi per una monarchia temperata a base parlamentare).

Questo tipo di sistema trovò nel Settecento il suo maggiore ideologo in Montesquieu. L’autore dello “Spirito delle leggi”, prendendo a modello il sistema inglese che affianca alla monarchia un libero parlamento che si pone anche come limite agli abusi delsovrano, ritenne che i tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario dovevano interessarsi di settori diversi e costituire nel contempo un limite allo strapotere di ognuno di essi. Montesquieu considerava la magistratura non un potere politico, ma una funzione, indipendente dai poteri legislativo edesecutivo; funzione che si limita a svolgere il compito di interpretare ed applicare la legge. Qui l’origine della nota definizione del “giudice come bocca della legge”.

Con la costituzione americana, invece, si è ritenuto di porre un limite al legislatore stabilendo che i diritti dei cittadini preesistono alla costituzione e alle leggi. Nella Declaration of Rights del 1776 infatti i diritti sono considerati come “basis and foundation of Governament”.Nella Dichiarazione di Indipendenza dello stesso anno venne espressamente specificato che tutti gli uomini nascono uguali con alcuni inalienabili diritti, come quelli alla vita, alla libertà ed al perseguimento della felicità. Si può asserire, pertanto, che il via per il processo di indipendenza fu dato dalla difficoltà e dal rifiuto degli americani di accettare la legislazione del parlamento inglese sulle colonie.

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2. Vent’anni dopo in Francia il punto di partenza sarà diametralmente opposto.

I rivoluzionari francesi combatterono contro un sovrano che cumulava tutti i poteri e riteneva di essere l’unico rappresentante legittimo della nazione. Di qui il primato delParlamento come unico rappresentante dell’unità della nazione e come espressione del popolo, e il ruolo della legge come emanazione esclusiva e privilegiata di questa rappresentanza. Ne derivò non la centralità dei diritti e dei cittadini, come in America, ma la centralità della legge e del Parlamento. Anzi per evitare che la volontà del popolo espressa dal Parlamento potesse essere svuotata dai giudici, attraverso un’arbitraria interpretazione delle leggi, nacque un “Tribunale di Cassazione” con il compito di vigilare sui rischi dell’interpretazione dei giudici. Per i padri costituenti francesi bene primario era l’unità del potere. Da questa concezione derivò la subalternità del giudice rispetto agli altri due poteri in tutta l’esperienza dell’Europa continentale prima delle costituzioni postbelliche[1]. Ed in questa costruzione notevoli influenze vanno riconosciute alla filosofia cartesiana ed al contratto sociale elaborato da Rousseau.

Con Rousseau si ebbela scomparsa dello stato assoluto e la comparsa in sua vece dei termini di “comunità e collettività” e la convinzione che il patto fondamentale lasci l’uomo “libero come prima e lo renda uguale ad un altro uomo sotto il profilo del diritto”.

Ricapitolando in sintesi, nel sistema costituzionale americano il giudice costituisce la garanzia dei diritti individuali contro i possibili abusi del parlamento e del governo, che sono poteri delegati. Il potere giudiziario difende e sviluppa i diritti fondamentali che sono preesistenti, in quanto esplicazione della natura stessa dell’uomo e che vengono considerati dalla stessa Costituzione presupposto e limite delle leggi. Di qui la forza, negli Stati Uniti, del potere giudiziario. Nel sistema rivoluzionario francese, invece, il giudice ha una ridotta capacità di manovra. Deve applicare e non interpretare la legge. Ed anche oggi esiste una ostilità tutta repubblicana ad una maggiore indipendenza del pubblico ministero.

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3.Passando rapidamente al nostro attuale assetto costituzionale, è indubbio che i rappresentanti dell’assemblea costituente si ispirarono a questi precedenti modelli costituzionali intendendo costruire un sistema parlamentare che risultasse l’espressione della volontà del popolo, con precisi limiti alla attività del parlamento, e li trovarono nel riconoscimento di alcuni principi e diritti fondamentali ed in un organismo professionale costituito dalla magistratura, preposto non solo all’attuazione delle leggi ma in grado di chiedere alla Corte Costituzionale di valutare la loro conformità costituzionale.

I nostri padri costituenti, in primis gli onorevoli Dossetti e Togliatti, si impegnarono alla ricerca di “una unità necessaria per poter realizzare la Costituzione non dell’uno o dell’altro partito, non dell’una o dell’altra ideologia, ma la Costituzione di tutti i lavoratori italiani, di tutta la nazione[2]. E’ evidente come questo individuare nel riconoscimento e nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo,sia come singolo sia nelle formazioni sociali, e nel sistema giuridico, un argine ai possibili abusi del parlamento, sembra ispirarsi all’antico dibattito dei costituenti americani. Invece, nell’affermazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini sembra sentirsi l’eco degli antichi proclami dei rivoluzionari francesi. Nel nostro sistema costituzionale del ’48, i padri costituenti compresero pertanto che affidare l’intero potere al popolo,senza prevedere adeguati contrappesi, avrebbe potuto determinare abusi nell’esercizio del potere.Di qui la previsione del Consiglio Superiore della Magistratura, come organo costituzionale preposto a tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e della Corte Costituzionale, con il compito di verificare la conformità delle leggi ai principi costituzionali. Seguirono non pochi contrasti nella fase immediatamente successiva all’introduzione della Costituzione, tanto che la Corte Costituzionale iniziò la sua attività nel 1956 ed il C.S.M. nel 1958.

Con riferimento poi al ruolo del pubblico ministero, su cui si appuntano le maggiori discussioni in ordine alla sua eventuale possibile dipendenza dal potere esecutivo, si osserva come l’art. 107, comma 4 Cost., esprima la volontà di consentire al futuro legislatore ordinario di differenziare, a causa dell’ontologica diversità delle funzioni svolte, lo status del giudice da quello del pubblico ministero ma si sancisce che il PM deve essere comunque “organo autonomo ed indipendente dell’ordinamento giudiziario”, obbligato all’esercizio imparziale dell’azione penale nei casi tassativamente previsti dalla legge.E’ indubbio che la democraticità del nostro sistema costituzionale si sostanzia in due principi fondamentali: uno, relativo al riconoscimento e alla garanzia dei diritti essenziali degli individui e delle formazioni sociali dove si svolge la loro personalità, cui si aggiunge il richiamo ai “doveri di solidarietà politica, economica e sociale”(art. 2); l’altro relativo al principio formale e sostanziale di uguaglianza di tutti i cittadini (art. 3).

Entrambi i principi confluiscono nella difesa integrale della persona e del pluralismo sociale.

Con riferimento al complessivo assetto costituzionale, è possibile un ragionamento circolare di questo tipo:1)il principio di uguaglianza dei cittadini e l’indipendenza del magistrato sono collegati;2)l’indipendenza del magistrato ha bisogno del suo autogoverno;3)l’autogoverno presuppone la mancanza di ogni controllo politico;4)la mancanza di questo controllo comporta l’assenza di discrezionalità e l’applicazione indefettibile della legge, quindi l’obbligatorietà dell’azione penale;5)il principio dell’azione penale obbligatoria assicura l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

E sia quest’ ultima asserzione la chiusura del cerchio.

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4.Questo modello, ritenuto coerente e conforme a quello delineato dal Costituente del ‘48, è stato posto in crisi da quanto è emerso in quest’ultimo periodo storico e politico, soprattutto dal fenomeno giudiziario noto come “Tangentopoli” fino ai giorni nostri. Si preferisce parlare oggi di “centralità della funzione giudiziaria” a causa dell’evidente inarrestabile aumento della funzione giurisdizionale in diversi sistemi ed ordinamenti giuridici contemporanei[3].

Una serie di fattori hannomesso in crisi il ruolo del giudice come mero esecutore della legge, c.d. bocca della legge, esponendolo sempre più a svolgere un’attività creativa nella realizzazione della sentenza.Come afferma Bobbio, la possibilità offerta dal nuovo sistema costituzionale di porre in discussione la validità delle leggi rinviandole al giudizio di legittimità della Corte Costituzionale trasformaogni legge “non più in un dato da constatare ma in un problema da risolvere”. Sulla stessa linea anche Gustavo Zagrebelsky che evidenzia “l’eccezionale importanza della funzione giurisdizionale nello stato costituzionale evidenziando come il diritto non può distaccarsi dall’ambiente culturale in cui è collocato e che precede l’interpretazione dei testi legislativi, e dunque non può distaccarsi neanche dall’inevitabile soggettivismo dell’interprete”.

Secondo questi autorevoli nomi, il magistrato non è solo servitore della legge, è servitore anche della costituzione che appartiene a tutti i cittadini. Ne deriva che il diritto non è solo attuazione della legge, ma è la legge interpretata secondo i diritti fondamentali espressi dalla Costituzione.Vari esponenti del mondo politico hanno rinvenuto nella crisi dei rapporti attualmente esistenti traMagistratura e Politica, una sorta di sostituzione del primato del Legislatore con il primato della Magistratura, senza che la magistratura avesse come ilprimo una responsabilità politica essendo priva di un mandato elettorale[4].

Occorre effettuare un confronto franco su questi temi, in quanto come afferma Calamandrei, nell’Elogio dei giudici scritto da un avvocato, “non è onesto, quando si parla di problemi della giustizia, rifugiarsi dietro la comoda frase di chi dice che la magistratura è superiore ad ogni critica ed ad ogni sospetto: come se i magistrati fossero creature sovraumane, non toccate dalla miseria di questaterra e per questo intangibili”. E’ di Kar Popper l’ affermazione secondo la quale “non si possono costruire istituzioni infallibili, il cui fondamento non dipenda anche dal livello di professionalità delle persone che vi partecipano”. Il filosofo della “società aperta” ricorre ad una metafora calzante “Le istituzioni sono come fortezze: raggiungono lo scopo solo se è buona la guarnigione, cioè l’elemento umano” .(Popper, La miseria dello storicismo).

La dinamica del rapporto tra la legislazione e potere giudiziario si sviluppa attraverso laprassi giudiziaria, ovvero l’interpretazione delle norme che costituisce la cartina di tornasole del livello di professionalità dei giudici e quindi della qualità della giurisdizione.E’ la giustizia l’attuazione pratica dei diritti e della legge; misura la capacità di un sistema di mantenere le sue promesse.Tra i fenomeni che hanno contrassegnato il secolo trascorso particolarmente rilevanti sono stati, tra gli altri:

1) l’espansione dell’intervento della magistratura in ambiti che precedentemente le erano estranei o perché del tutto immuni da interventi o perché affidato ad altre autorità;

2) la delega della politica ai magistrati della risoluzione di alcuni grandi conflitti, si pensi al terrorismo, alla mafia, al recente problema dei rifiuti, salvo poi criticarne una sua eccessiva invadenza.

3) un netto contrasto tra i tempi dei processi penali e civili e le esigenze della collettività; contrasto in buona parte dovuto a oggettive e annose carenze di organico e di mezzi.

4) l’esigenza di omogeneizzazione della giustizia, perché la giustizia sia credibile deve fornire risposte possibilmente simili rispetto ad identiche questioni interpretative. Spesso i cittadini si lamentano che le risposte di giustizia cambiano a seconda dei tribunali e questo non solo perché, come è legittimo, vi sono diversità di interpretazione ma anche perché non vi è talora un sufficiente scambio di informazioni tra i magistrati.

Appare appropriato, a questo punto, il riferimento ad un episodio, noto nei libri di storia, che vide protagonisti il Ministro Tanucci e lo storico Gaetano Filangieri. Nel 1774 il Ministro Tanucci fece pubblicare una legge che vietava ai giudici di discostarsi dalle leggi vigenti nella risoluzione delle controversie. Vi fu un grande sciopero dei magistrati dell’epoca a cui aderirono anche gli avvocati ravvisando in quella legge una limitazione alla loro libertà. Uno dei pochi che applaudì all’iniziativa del Tanucci fu Filangieri che pubblicò uno studio “Riflessioni politiche sull’ultima legge del sovrano” in cui condannò i giudici che si rifacevano all’equità discostandosi dalla legge. Egli riteneva che “la giustizia è giusta quando riesce a togliere ogni arbitrio al giudice, ogni sospetto all’avvocato ed ogni speranza al colpevole”.Non l’equità, nè la convenienza, ma la sola giustizia deve decidere della proprietà delle cose. Le forti tensioni e i continui contrasti tra mondo politico e magistratura sono oggi più vivi che mai. Non possiamo che auspicare un nuovo Rinascimento.

Culturale innanzitutto.Del mondo politico, in primis. E di una parte della magistratura anche. Nel nome della società civile e in funzione della rinascita della difesa dei diritti della società stessa. …………………………………………………………………

5.Per l’analisi del contrasto tra Etica e Legge è doveroso partire dalla tragedia greca, dagli insegnamenti di Eschilo e dalle figure mitiche di Antigone, Creonte, Ismele, Eteocle e Polinice.

Il nucleo del dramma sofocleo risiede nello scontro tra due volontà e due concezioni del mondo: quella di Antigone che chiede di rispettare le leggi non scritte della natura che le impongono di seppellire il corpo del fratello Polinice e quella di Creonte, il quale decreta che Polinice dovrà resterà insepolto per aver questi dichiarato guerra alla città, volontà tesa ad imporre la forza dello Stato e della legge.

Antigone è portatrice di una specifica interpretazione della libertà di coscienza, ma anche Creonte è portatore dello sforzo che fa la politica per emanciparsi dalla religione.

Il dramma sta proprio nel fatto che nessuno dei due ha completamente ragione o interamente torto. Per parte sua Creonte adduce la ragione del diritto positivo, della disposizione di legge. “E’ l’anarchia il pessimo dei mali: distrugge le città e sconvolge le case, mette in fuga e fa a pezzi gli eserciti in battaglia.L’ubbidienza ai capi è fonte di salvezza e di vittoria.Dobbiamo obbedire alle leggi scritte”.

Il dramma traduce il conflitto tra legge scritta e legge della coscienza, tra diritto naturale ediritto positivo. Il dramma di Antigone ci commuove e saremmo tutti portati a darle ragione ma la soluzione non è così scontata. Il mondo antico ci offre un altro caso emblematico che attrae la nostra ammirazione: la storia di Socrate.

Il filosofo, pur condannato ingiustamente, accetta la sentenza perché le leggi vanno rispettate.

Antigone è naturalmente una figura eroica in quanto rappresenta il simbolo della famiglia e dell’amore, ma per Hegel anche Creonte ha dimensioni eroiche come difensore dello Stato e delle sue leggi. Proviamo a pensare ad una serie sistematica di violazioni della legge poste in essere da soggetti che si riconoscono solo nei comportamenti che corrispondono ad una loro presunta legge naturale o divina, ad esempio agli integralisti islamici.

Dunque quando non c’è lo Stato, c’è barbarie (Heghel).

Si ripropone nel dramma l’eterno conflitto tra Etica e Legge, la prima è la risultante culturale che interpreta il comune sentire della società in un determinato contesto storico, mentre la seconda è il frutto del potere, la risultante della volontà dei pochi che determinano, perché detentori del potere, il comportamento dei molti in modo che sia conforme ai loro interessi.

Per Massimo Cacciari Antigone rappresenta la “dis-misura” rispetto ad ogni legge della polis, dall’altro Creonte rappresenta la legge unico strumento di salvezza costituitoda una polis ben organizzata. Per Creonte la polis da tutelare non rappresenta solo il perseguimento del bene comune ma la stessa manifestazione del potere divino.La tragedia di Eschilo pone non pochi fondamentali interrogativi:

1) basta una legge per dire che la pena sia anche giusta?

2) la legge è sempre giusta?

3) nel caso in cui una legge imponga comportamenti in contrasto con i propri principi, bisogna osservarla oppure no?

Tentiamo di rispondere attraverso Kelsen il quale afferma che la giustizia ideale non è contemplata dall’ordinamento giuridico, inteso come risultato della volontà del legislatore. Dunque nell’amministrare la giustizia conta solo la legge scritta.

Ed ancora a proposito di tentativi di risposte: è noto che nel 1938 in Italia sono state emanate leggi che discriminavano gli ebrei. Era giusto ribellarsi a questa situazione come ha fatto Giovanni Palatucci? E’ fondamentale chiedersi se esiste un’alternativa al ribellarsi, se l’ordinamento consente un’alternativa.

Machiavelli ha sciolto i legami tra Politica e Morale operando una scissione tra vita interiore privata e la pubblica “ragion di Stato” che giustifica anche la violenza, l’unica che avrebbe dovuto seguire il “Principe”[5]. Occorrerà attendere l’Illuminismo, con i suoi grandi filosofes, per porre al centro dell’attenzione la risoluzione delle esigenze di giustizia, culturali, economiche e sociali come primo dovere dello Stato.

Nel frattempo il positivismo aveva potuto dimostrare la superiorità del suo metodo scientifico sul giusnaturalismo e pensatori come Bobbio hanno sostenuto che a frontedelle sanzioni interne degli obblighi morali e delle sanzioni esterne incerte ed incostanti delle norme sociali, la specificità della norma giuridica sta nel fatto di rispondere alla violazione con una sanzione al tempo stesso “esterna ed istituzionalizzata” ed uguale per tutti e, quindi, maggiormente in grado di garantire l’ordine e l’uguaglianza di trattamento.

Il richiamo all’etica rimane, pertanto, nella cultura giuridica solo valore ideale, come appello alle coscienze, alla necessità di una critica delle leggi da un punto di vista morale. La funzione storica svolta dal diritto naturale, per Bobbio, può essere mantenuta a patto di considerarla come valore interno alla dimensione giuridica per costruire una società ed una “vita umana degna di essere vissuta”.

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6.Recentemente, una parte della dottrina ha cercato di ”costituzionalizzare” i principi etici, ricercando nella carta costituzionale e nel suo superiore valore giuridico la fonte a cui deve ispirarsi sia il legislatore nel realizzare le leggi sia il magistrato nell’interpretare la legge.Può accadere, osserva Zagrebelsky, che chi ha la forza ed esercita il potere

dimentica il perseguimento del bene comune e non fa partecipare tutti gli individui a tale

costruzione perseguendo la sua individuale felicità. L’etica dovrebbe mitigare l’esercizio

del potere.

Tuttavia, l’etica non prevede sanzioni ed ecco il ricorso alle leggi e soprattutto ai

principi costituzionali: “La scommessa del costituzionalismo sta tutta qui: nella capacità

della Costituzione, posta come lex, di diventare ius; fuori dalle formule uscendo dall’area

del potere e delle fredde parole di un testo scritto per farsi attrarre nella sfera vitale delle

convinzioni e delle idee care, senza le quali non si può vivere e alle quali si aderisce con

calore” [6].

La Costituzione, nel suo profondo, altro non è che il tentativo di restaurare una legittimità nel diritto, accanto alla sua legalità.

Avvocato Marta De Pascale

Written by A_ve

7 febbraio 2012 a 11:11

Pubblicato su Varie

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4 Risposte

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